Le perizie (CTU e CTP)

In sede introduttiva si è più volte affermato che entrano in stretto contatto con la criminologia altre discipline, quali la Psicologia Sociale e Psicologia Forense.
La psicologia sociale studia i sistemi attraverso i quali gli individui percepiscono gli altri e li influenzano ponendosi in relazione tra di loro.
Disciplina molto importante in quanto molti comportamenti sono riflesso quasi diretto dell’influenza praticata da altri soggetti, per cui si può tranquillamente dire che i fattori sociali determinano i comportamenti.
La psicologia forense, invece, riguarda tutta quell’attività peritale e di consulenza tecnica al fine di valutare, ad esempio, l’imputabilità di un soggetto, la sua pericolosità sociale, la possibilità di recidiva.

Il rapimento di Psiche 
(Le ravissement de Psyché, o Il ratto di Psiche
olio su tela - 1895 William-Adolphe Bouguereau 
pittore francese

La Perizia (CTU o CTO)
Ora, in un contesto criminale, la valutazione delle condizioni psichiche di un soggetto, in un determinato momento (come ad esempio il momento del compimento di un crimine, od anche, nel momento in cui il crimine lo si subisce) diventa attività propria di determinate figure la cui professionalità diventa un punto di riferimento fondamentale: psichiatra (un medico, dunque), in altri casi lo psicologo, e, in subordine, altri tecnici specializzati in materie particolari (si pensi al perito grafologo, all’esperto in balistica ecc.).
Professioni, queste, per le quali non ci si può improvvisare e per le quali occorre una formazione specifica ed un aggiornamento costante.
Si ipotizzi ad esempio il caso in cui, nei confronti di Tizio, autore di un reato, debba essere formulato un profilo diagnostico o prognostico da parte dell’autorità giudiziaria, al fine di addivenire ad una decisione sulla sua colpevolezza. 
In tale caso il giudice si rivolgerà a professionisti abilitati a rendere la propria perizia in giudizio. 
Come detto, è molto importante rendere fermi i confini sui soggetti che possono intervenire in questo senso, data la delicatezza della materia e, soprattutto, date le conseguenze e i diversi obiettivi delle analisi.
Esse, infatti, talvolta sono di natura clinica, rivolte, dunque, ad elaborare un programma terapeutico, quindi di cura. Altre volte, come nel caso della perizia in ambito penale, sono strumento di aiuto del giudicante nel risolvere un caso giudiziario.
L’attività peritale è uno strumento di cui il magistrato si può avvalere, quando ne ravvisi necessità, utilità e opportunità. 
Essa è un importante strumento di prova ove sfoci in un atto convincente, motivato, documentato, fruibile e comprensibile da parte di coloro i quali hanno il fondamentale onere di giudicare una persona.
Fondamentale, in tale ambito, sarà l’applicazione di una metodologia corretta che utilizzi chiari e semplici riferimenti teorici in grado di fornire al magistrato o al difensore le risposte ai quesiti che si pongono.
Tuttavia, per una diagnosi credibile e fondata, non è sufficiente attuare un rigore metodologico, bensì, sarà importante accettare ed utilizzare una qualche forma di classificazione che renda possibile l’intendersi e il lavorare insieme pur non volendo conferire alla patologia mentale un carattere permanente .
È importante tenere a mente che tra le varie patologie non è sempre possibile stabilire delle linee di demarcazione, inoltre, esistono forme di malattia intermedie, di passaggio o in fase di evoluzione che richiamano drammaticamente la nostra attenzione attraverso il compimento del comportamento delittuoso.
L’esigenza di attingere ad un sistema classificatorio nasce dalla circostanza che il perito è un individuo che valuta dal punto di vista soggettivo ciò che il paziente esaminato gli narra dal suo punto di vista, chiaramente soggettivo: trattasi di due soggettività che si scontrano, si incrociano, senza la possibilità di essere in qualche modo ricondotte ad un sistema di riferimento codificato e che rischiano di tradursi in arbitrarietà .
Le regole che il perito deve utilizzare per rispondere ai quesiti dei magistrati possono essere così schematizzate:
Al fine di motivare le conclusioni psichiatrico-forensi è indispensabile effettuare una classificazione delle patologie di mente in maniera lineare, comprensibile e semplice;
Nel conferire esplicito valore di malattia ad una azione od omissione giuridicamente rilevante, sarà opportuno valutare il reato in relazione alla sintomatologia psicopatologica.
Il compito psichiatrico-forense non si esaurisce nella mera classificazione del comportamento nella patologia oggettivamente accettata, bensì deve qualificarsi attraverso la possibilità di conferire, di volta in volta, significato e valore di malattia alla condotta posta in essere dall’autore di un reato.
La criteriologia psichiatrico-forense si pone di: 
Formulare una diagnosi psichiatrica,
Descrivere e analizzare i disturbi psicopatologici in atto,
Esaminare la eventuale compromissione delle funzioni autonome dell’Io,
Vedere se il comportamento criminale cui è riferita l’indagine peritale è o meno sintomatico di quei disturbi psicopatologici,
Specificare il tipo e il grado di compromissione della capacità di intendere o di volere del soggetto in esame.
Il perito dovrà documentarsi, prima di effettuare il proprio intervento, leggendo gli atti della causa, al fine di comprendere ,la condotta imputata al periziando (se autore del reato) o del comportamento delittuoso di cui è vittima o testimone.
Da notare come il magistrato non è tenuto a consegnare gli atti di causa al perito. 
Lo fa soltanto se le esigenze istruttorie non lo impediscono e, soprattutto, nella misura in cui lo ritiene opportuno. Il perito potrà chiedere ovviamente in visione quelle parti del fascicolo che potrebbero essergli utili per comprendere meglio la situazione del periziando .
Potrà altresì acquisire la documentazione clinica relativa a ricoveri del soggetto o, in ogni caso, utile per attestare un’eventuale patologia di mente. 
Qualora il periziando sia u soggetto sottoposto a trattamenti sanitari o sia detenuto, dietro autorizzazione del magistrato, il perito potrà recarsi nel luogo in cui si trova il soggetto.
Se, invece, si tratta di un soggetto in libertà, il perito lo convocherà in luogo idoneo e precisato nel verbale d’incarico.
Se il periziando rifiuti di presentarsi, sarà allora compito del perito informare tempestivamente il magistrato il quale provvederà di conseguenza: potrebbe infatti disporre un accompagnamento coatto o convocarlo direttamente presso il suo studio.
L’esame peritale psichiatrico deve limitarsi aduna descrizione attenta, analitica e attuale delle singole funzioni psichiche e della struttura di personalità del periziando.
Deve essere privo di qualsiasi valutazione, interpretazione o ricostruzione psicodinamica.
Esso prenderà successivamente in considerazione lo stato di coscienza del soggetto, il suo atteggiamento mimico, il suo grado di attenzione, il pensiero, l’intelligenza e l’affettività.
La denominazione del professionista varia a seconda della sede e  del soggetto che ne richiede l’intervento.
Se a richiedere l’intervento di un consulente tecnico è il giudice dell’ udienza preliminare (G.U.P.) o il giudice del dibattimento, il professionista assumerà la qualifica di C.T.U. (Consulente  Tecnico d’Ufficio); nel caso in cui sia a richiedere il suo intervento sarà il giudice delle indagini preliminari (G.I.P.), il Pubblico Ministero (P.M.) o l’avvocato, assumerà la qualifica di C.T.P. ( Consulente Tecnico di Parte ).

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