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Visualizzazione dei post da marzo, 2017

QUANDO PAPÀ UCCIDE

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Poco rilevano le condizioni culturali e sociali. Poco importano le maschere che si indossano nella quotidianità della vita. Un padre che uccide i propri figli induce alla legittima domanda su come sia possibile non aver lasciato dietro di sé degli atteggiamenti indiziari di un qualsivoglia disagio. Psicologico o esistenziale. Relazionale, comportamentale. Ma davvero una padre amorevole e dedito alla propria famiglia un giorno potrebbe alzarsi e diventare  Jack Torrance di Shining , ipotetico boia dei propri figli? Potrebbe essere questo uno dei casi in cui  l’ autopsia psicologica   e il vissuto del  padre/assassino dei propri figli  potrebbe aiutarci a determinare le ragioni di un gesto iniquo e incomprensibile. L’uccisione dei propri figli è un omicidio. Un omicidio, aggravato dalla circostanza che le vittime sono discendenti diretti dell’autore del reato (v. art. 61 c.p. e art. 576 c.p. se il fatto è commesso  contro l'ascendente o il discendente  ..) e dunque il disvalore s

L'AUTOPSIA PSICOLOGICA

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Aspetto molto discusso in letteratura criminologica è quello dell’autopsia psicologica, ossia del meccanismo tramite il quale si cerca di “leggere” tra il vissuto della vittima, tra le sue abitudini, i suoi atteggiamenti ed i suoi comportamenti, al fine di capire l’evento morte insieme con le cause che l’hanno determinata. Concetto dibattuto in quanto non esiste un vero e proprio protocollo cui attingere al fine di procedere all’autopsia psicologica. Il primo approccio verso tale procedura si ha in una Inghilterra della fine degli anni settanta, in un contesto pseudo kubrickiano saturo di eventi ma debole di soluzioni. Si cercava di voler andare oltre all’evento morte e, soprattutto si credeva, naturalmente, che il vissuto precedente all’evento morte stesso contenesse importanti tasselli utili per ricondurre un fatto al proprio autore.  Come detto non v’era (e non v’è) un protocollo vero e proprio, bensì, di volta in volta era opportuno procedere alla creazione di indicazioni e, du

Violenza sessuale di gruppo e l'aggravante verso minori

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La violenza sessuale di gruppo è il reato commesso da chiunque partecipi con altre persone ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis del codice penale. Novella introdotta nel 1996 con la Legge 66, ciò che emerge immediatamente all’occhio è il disvalore penale rispetto alla condotta posta in essere da un singolo autore, in quanto maggiori saranno, altresì, le ripercussioni in capo alla vittima del reato stesso. Art. 609 octies: “La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis. Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609-ter. La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinat

L’odio misogino generalizzato e pregiudizio

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L’odio misogino è un atteggiamento che deriva dal pregiudizio ossia da un preconcetto negativo riversato nei confronti di un determinato gruppo sociale, in tale caso, nei confronti delle donne. Il pregiudizio nei confronti delle donne interessa, in primis, l’antropologia in quanto nasce dalla maniera con la quale ci si approccia alla realtà. Inoltre, accanto alla componente antropologica vi è la componente individuale/psicologica: spesso, infatti, si basa sulle paure, sulle fobie che un singolo individuo attribuisce ad elementi sconosciuti. Spesso il pregiudizio nei confronti delle donne sfocia in comportamenti di aggressività, ossia comportamenti verbali o materiali, intenzionali, posti in essere per causare sofferenza o arrecare danno ad un’altra persona. (calci, schiaffi, minacce, insulti, pettegolezzi e allusioni pesanti, distruzione di proprietà o beni materiali, la menzogna). Una delle prime teorie psicologiche fa derivare il comportamento aggressivo da una diretta frustrazio