L’Assassino psicopatico

Sebbene le modalità e l’iter omicidiario siano componenti considerevolmente diverse da delitto a delitto, è tuttavia possibile tracciare elementi comuni alla maggior parte dei delitti commessi da soggetti con psicopatologie.
Ponendo come riferimento il tema Serial Killer (SK), vi sono delle costanti psicobiografiche: senso di inferiorità fisica o psichica, infanzia difficile, episodi di abusi fisici o sessuali, inadeguatezza sociale o sessuale.
Tutti questi elementi di repressione sfociano, spesso, in una forte esigenza narcisistica e in una smodata necessità di protagonismo.
E di qui lo sdoppiamento, terribile, di due vite, l’una pubblica, contenuta e conformata alle esigenze ed alle aspettative sociali e morali, l’altra eclissata, segreta, volta ad alimentare le proprie parafilie*, le proprie perversioni, i propri desideri sadici e irrefrenabili.
Oltre al movente ed alla vittima del delitto, sono da prendere in considerazione le modalità di esecuzione del delitto.
Secondo una comune classificazione, si distingue tra SK organizzati e non organizzati (o disorganizzati).
I primi tendono a programmare con precisione i propri delitti, scelgono le proprie vittime, le conducono nel luogo del delitto e sono attenti a non lasciare tracce. E se le lasciano è per compiere un drammatico rituale, che può diventare il loro segno distintivo (come ad esempio praticare amputazioni sul corpo della vittima, o morderle). La loro organizzazione sta anche nel fatto di portare con sé tutto il materiale utile all’esecuzione del delitto stesso: forbici, coltelli, taglierini, nastri adesivi, abiti di ricambio, acqua per sciacquarsi dalle macchie di sangue, ecc.).
Tendenzialmente, gli organizzati hanno grandi capacità intellettive, vivono in famiglia, possono essere anche socievoli e sanno modulare il proprio sapere ed il proprio comportamento a seconda delle persone con le quali interagiscono.
La loro è una posizione particolare in quanto sebbene tendenzialmente psicopatici, sono dotati di un quoziente intellettivo alto, che permette loro di portare a termine il proprio progetto delittuoso con meticolosità, precisione, cercando di restare il più fedele possibile al proprio progetto.
Scelgono attentamente le proprie vittime, spesso le legano e dopo averle uccise, le coprono, le occultano o le sotterrano. Frequentemente le allontanano dal luogo dell’uccisione.
I SK disorganizzati non obbediscono ad alcun progetto criminale prefissato, non sono particolarmente brillanti e tendono a commettere più “errori” che portano gli inquirenti a scoprirli. Tendenzialmente soli, potrebbero vivere ancora con la famiglia di origine, dalla quale, sovente, hanno avuto un’educazione molto rigida.
Il rifiuto della  società si riflette in una vita molto solitaria. Tendono a commettere il delitto in prossimità del luogo in cui vivono.
Questi soggetti, in preda al proprio disturbo mentale  (che varia da caso a caso e che deve essere determinato esclusivamente da un medico psichiatra) ed in linea con lo stesso, spesso compiono atti sul cadavere. Talvolta, semplicemente lo coprono con un telo o una coperta (la c.d. pietas) altre volte gli atti sul cadavere sono molto più crudi e violenti (mutilazione, eviscerazione degli organi interni), e la ratio potrebbe risiedere nel tentativo di spersonalizzare la vittima, quasi a renderla irriconoscibile, togliendole forma e natura umana.  
Un tema particolare che coinvolge l’agire del killer psicopatico è quello delle parafilie, ossia delle proprie perversioni di natura sessuale, alimentate e soddisfatte durante tutto l’iter criminoso, spesso in relazione l’una con l’altra.
Si parla, principalmente, di sadismo: "parafilia nella quale il soggetto si eccita sessualmente mediante la sofferenza psicologica o fisica di una vittima, ed il comportamento può essere così estremo da portare all'uccisione delle vittime" (DSM / Manuale diagnostico e statistico dell'American Psychiatric Association). In tale caso il piacere sta proprio nel rendere la sofferenza altrui il più lunga possibile, posticipando il più possibile l’evento morte. Modalità prediletta per cagionare la morte alla propria vittima è lo strangolamento (proprio perché a modulare l’intensità della sofferenza e a decidere il momento della morte è l’assassino stesso).
Si parla, inoltre, di Feticismo, pratica sessuale che  consiste nell’erotizzare oggetti o parti del corpo non appartenenti all’apparato genitale. Chiaramente si parla di soggetti patologici, la cui perversione va oltre una comune componente alternativa del vissuto sessuale. La patologia risiede nell’avere l’unico impulso sessuale esclusivamente tramite il feticcio.
Nel caso di omicidio, il killer, spesso, preleva il feticcio e, se può, lo tiene con sé (si pensi ad un soggetto che taglia i capelli alla vittima, per conservarli): questo è il modo che l’assassino ha per rievocare il piacere che ha provare nella fase precedente e durante il delitto. Qualora il feticcio sia una parte del corpo che il soggetto non può portare con sé, allora, dopo averla amputata, rimane in adorazione della parte stessa, sul luogo del delitto (ad esempio accarezzandola o annusandola).
Vi sono poi ipotesi di necrofilia, caso in cui l’assassino è ossessionato dal corpo della vittima al punto da volerlo tenere intatto il più possibile, ipotizzando modalità di omicidio che lo preservino (come ad esempio lo strangolamento o l’avvelenamento) e quindi evitando sistemi che coinvolgano i tessuti corporei, lacerandoli e non lasciandoli intatti.
Il cadavere rappresenta un elemento passivo sul quale il necrofilo può liberamente dirigere i propri impulsi erotici e sessuali, liberando quelle  inibizioni che gli impediscono il contatto sessuale con persone vive.
Anonimous, la maschera di Guy Fawkes

Da notare come  molti killer prima di uccidere si sono dedicati per anni ad attività feticistiche unite ad un voyerismo particolarmente accentuato, ossia allo spiare comportamenti (tendenzialmente intimi) altrui e non necessariamente di natura sessuale (si pensi allo spiare una persona che fa la doccia… ).
Un comportamento complesso e perverso è dato, inoltre, dalle pratiche  vampiristiche. Sintomo di un disturbo psichico abbastanza grave,  con stato di allucinazione grave ed immedesimazione quasi ferina (l’assassino si sente come un animale che ha cacciato e si nutre dell’essenza della sua preda/vittima).

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