Tatuaggi, criminologia e "Mostra Tattoo - l'arte sulla pelle" - Torino, 9 novembre 2018 a 3 marzo 2019
Parto dalla “Mostra_TATTOO: l’arte
sulla pelle” presentata al MAO (il Museo d’arte orientale, di Torino) per parlare, qui, di tatuaggi e soprattutto per rendere utile
quanto visto, per un blog che si occupa di criminologia. Perché se da un lato è all’Oriente che nasce gran parte di quell’aspetto fiabesco ed artistico legato
ad essi, dall’altro lato è anche criminologico quell’aspetto che ha fatto del
tatuaggio l’oggetto dell’attenzione degli studiosi. Il tatuaggio è stato
praticato, e tuttora lo è, da molte culture non solamente per finalità
estetiche: spesso ha rappresentato un importante rituale di ingresso nell’età
adulta. In Giappone tale
pratica veniva esercitata per molti secoli come segno di ribellione allo Stato,
nel momento in cui diverse leggi impedivano alle classi sociali meno abbienti
di indossare kimoni colorati. Nel tempo divenne
espressione di appartenenza criminale, della mafia in particolare – la Yakuza (associazione criminale molto
violenta), motivo per il quale, nel paese, subì una stigmatizzazione di
identificazione malavitosa. Tuttavia
l’identificazione del tatuaggio con il crimine è stato a lungo studiato da uno
dei padri della criminologia italiana, l’antropologo criminale Cesare Lombroso: “...il criminale è un essere atavistico che
riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell'umanità primitiva e degli
animali inferiori” - affermava. Lombroso aveva analizzato
10234 soggetti tatuati, individuandone 6348 come criminali, prostitute o
soldati delinquenti: per il medico veronese, torinese di adozione, il tatuaggio
costituisce un primario fattore legato alla delinquenza. “Il tatuaggio è certamente uno dei caratteri più singolari dell’uomo primitivo esso è per lui un ornamento, un vestiario, un distintivo nobiliare, onorifico e quasi gerarchico; è un primo richiamo sessuale, perché segnala la pubertà nel maschio; è persino una specie di archivio ambulante, nel quale l’individuo nota i fasti più notevoli della propria vita” - Cesare Lombroso, L’uomo
Delinquente, 1876, cap. VII. Per
la maggior parte dei tatuati, il valore simbolico del tatuaggio sta ad indicare
desiderio di vendetta: l’esigenza di
una rivincita che può derivare dal contrasto tra classi sociali (odio per le
classi più abbienti); ma anche dalla forte pulsione ad infliggere un castigo
per un torto (reale o presunto tale) percepito dal delinquente.
Dalla
“mostra_TATTOO:l’arte
sulla pelle” si affronta, appunto, anche il tema della devianza così
come studiato dallo stesso Lombroso:
"Nel corso dell’Ottocento, la devianza ha la sua ratificazione certa in un corpo tatuato; le carni marchiate sono ritenute un segno evidente e indiscutibile di perdizione fisica e morale. Secondo l’antropologo criminale Cesare Lombroso l’incisione sulla pelle accumuna i marginali nostrani e i primitivi, coloro che abitano luoghi lontani, entrambi confinati in una condizione di inferiorità. Le cause del tatuaggio risiedono nell’atavismo, i segni sulla pelle confermano l’atavica propensione al crimine e all’empietà. Paradossalmente la generazione ottocentesca di antropologi criminali, mentre fustiga i costumi di supposti depravati, descrive, più o meno consapevolmente, la diffusione, seppur limitata, della pratica del tatuaggio anche tra la “gente comune”, soprattutto in Italia e in Francia. Tra i contadini, pastori, marinai, muratori, falegnami, carattieri si poteva incontrare qualcuno che aveva un segno inciso sulla pelle. In Italia, il tatuaggio era maggiormente diffuso in alcune regioni come la Lombardia, il Piemonte, la Toscana e le Marche, in particolare tra i pellegrini devoti alla Madonna di Loreto"
da
Outcast e fuorilegge, Mostra_TATTOO: l’arte sulla pelle”
La mostra presenta, infatti, diverse opere a prestito dal Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino. Tra queste, significativa è un disegno in lapis, china e acquarello che raffigura Francesco Spiteri, del XIX secolo. Secondo Lombroso "tal Spiteri, assassino, stupratore illustrava sul suo corpo a geroglifici tutte le sue oscene avventure” : era solito tatuare sul proprio corpo il volto e talvolta il nome di molte donne. Emerge dalla mostra come Spiteri avesse inciso sulla pelle anche sette puntini volti a ricordare altrettanti rapporti omosessuali".
Altra
opera importante è una stampa ai Sali d’argento dell’inizio del XX secolo nella
quale è raffigurato tale M.S., soprannominato “Materia”.
M.S. (soprannominato
Materia, appunto) era un uomo un piemontese «condannato ripetutamente per furto, rapina, associazione a delinquere».
Nelle note di Lombroso e dei suoi collaboratori veniva affermato che il serpente «significa che egli è legato dalla Questura dai cui lacci non può
sciogliersi. Le spade significano il
diuturno duello contro la Questura». La società attuale vede
nel tatuaggio, ormai, un esasperato strumento di espressione della propria
personalità o del proprio pensiero, una moda incontrollata – assolutamente non
più riferibile a qual si voglia tendenza criminale. Il tatuaggio è da
intendersi nella sua originaria e principale accezione attinente ad una tecnica
di decorazione corporea permanente, di natura pittorica, dunque artistica.
L’ampia diffusione del tatuaggio a livello globale fa sì che non lo si possa
relegare ad un fenomeno criminale. Permangono, tuttavia,
tatuaggi simbolici attualmente ancora radicati in alcuni ambienti criminali. Si
pensi alle lacrime tatuate sotto gli occhi volte (originariamente) ad indicare
il numero di omicidi commessi.
La lacrima tatuata sul
viso, sotto gli occhi, secondo alcune interpretazioni sta ad indicare la
commissione di un omicidio, in particolare una lacrima completamente colorata
(piena) indica l’avvenuta morte della vittima, laddove una lacrima contornata
(ma non colorata all’interno) starebbe ad indicare che la vittima è
sopravvissuta o, il cui omicidio, non è ancora avvenuto. Il dilagare del fenomeno della lacrima tatuata
sul viso ha fatto sì che della stessa venisse fornita un’interpretazione
innovativa: la lacrima tatuata sta ad
indicare la perdita di una persona cara, e dunque, un lutto particolarmente significativo.


Jeremy
Meeks ex detenuto per rapina a mano
armata, poi diventato modello
Nicolai
Lilin sulla lacrima ha
affermato che “c'è chi si tatua la
lacrima e non sa che è nata a Marsiglia, dove gli uomini erano così poveri che
facevano prostituire le loro donne per sfamare i bambini. E le piangevano. In
Sud America poi la lacrima è usata per gli assassini. Ma cosa c'entrano queste
storie con ragazzi di una società benestante?"
Young Signorino
– trapper italiano
È noto come il tatuaggio, per alcune popolazioni
(quali quelle tahitiane o del sud est asiatico) seppur tatuando gran parte del
corpo, escludevano, tuttavia, il volto. A differenza, ad esempio dei Maori
neozelandesi i quali erano propensi a tatuarsi il volto come segno di repulsione
nei confronti degli uomini intenti a conquistare o studiare i loro territori.
dalla “Mostra_TATTOO: l’arte sulla pelle” - sopra - come sotto
Resta forte l’impatto artistico di molti tatuaggi, che esulano da ogni aspetto criminale. Il bello di questa mostra, non solo per appassionati, sta proprio nel tentativo di evidenziare come, dal passaggio alla concezione criminologica del tatuaggio sul corpo, al forte impatto estetico che hanno altri tatuaggi , soprattutto quelli di matrice orientali, si scorge – forse – una vera essenza rivoluzionaria: il resistere dal tatuarsi come segno antesignano di contestazione. La “Mostra_TATTOO: l’arte sulla pelle” è curata davvero bene: lineare, pulita ed educata, non da mai adito a fraintendimenti circa il valore artistico delle opere presenti, anzi. Le sculture presenti che richiamano antiche statue greco-romane sulle quali sono tatuati ornamenti classici o moderni rendono l’ambiente molto suggestivo. E l’impatto visivo è notevole. Quasi emozionante.
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