Delitti e vizio di mente

Edvard Munch, 1895, vampiro

Come detto in tema di perizie, vi sono situazioni in cui l’incarico potrà essere conferito solamente ad uno psichiatra.
Si tratta di tutte quelle situazioni in cui, sull’autore di un fatto previsto dalla legge come reato, debba essere definito lo “stato mentale”, quando occorre dunque capire ed accertare se eventuali vizi di mente, anche parziali, abbiano avuto un ruolo determinante nell’esecuzione del reato stesso.
Nel codice penale, all’art. 85 è affermato che  “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di volere”.
E se l’imputabilità è il congetturato minimo delle capacità del soggetto cui può essere mosso un rimprovero, tale capacità è da intendersi come una somma di due distinti concetti, intendere e, appunto, volere.
Laddove per capacità di intendere ci si riferisce al significato dell’azione che si sta per compiere (e alle sue conseguenze), con tutti i connotati sociali e morali di riferimento; la capacità di volere , invece, attiene alla facoltà di autodeterminarsi nei riguardi dell’azione realizzata, o in procinto di realizzare.
Come detto, tale capacità è da intendersi come una somma, per cui la mancanza, anche solo parziale, di uno di questi elementi, rende l’autore del comportamento delittuoso non imputabile.
Da chiarire come la capacità di intendere e volere sia un concetto nettamente distinto dalla coscienza e volontà dell'azione od omissione (ai sensi dell’art. 42 del codice penale).
Se la prima attiene alla sfera della maturità psichica ed alla salute mentale, la seconda attiene alla possibilità di attribuire un determinato fatto/comportamento alla volontà dell’autore
(si pensi ai casi di forza maggiore, in cui un soggetto perfettamente imputabile, agisce senza coscienza e senza volontà, art. 45 codice penale)
Uno degli aspetti importanti cui dovrà fronteggiare il perito sarà non solo quello di valutare l’esistere o meno della capacità, ma anche e, soprattutto, quello di misurarne la quantità di carenze, in base alle quali il giudice deciderà se vi saranno le condizioni mentali tali da poter applicare delle attenuanti.
Vi sono casi, inoltre, nei quali tali capacità sia assenti solo in maniera temporanea: si pensi al caso in cui un soggetto commetta un delitto in seguito all’assunzione di sostante stupefacenti, alcool o farmaci che possono avere effetti altamente lesivi dello stato mentale e quindi, dannose per la psiche.
La malattia mentale, dunque, non è l’unica condizione ad incidere sul tenore della capacità di intendere e volere. Occorre, in tali casi, capire se l’assunzione di tali sostante, sia stata a sua volta, compiuta volontariamente.
L’articolo 92 del codice penale, tratta il tema dell’ubriachezza volontaria, la quale non esclude né diminuisce la imputabilità del soggetto. Anzi, qualora l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena è aumentata (art. 92, II comma, cod. pen.), per cui l'agente, quindi, risponde del fatto commesso in stato di ubriachezza a titolo di dolo o di colpa, a seconda che il fatto di reato sia stato concretamente commesso con dolo o colpa (Cassazione Penale, sez. IV  25 giugno 2014 n. 1807).
La ragione di tali previsioni normative in tema di imputabilità sta, appunto, nella facoltà, dei soggetti, di percepire il valore sociale, morale e, soprattutto giuridico, delle proprie condotte.
Se da un lato, infatti,  risulterebbe inutile punire colui che non percepisce tale valore, dall’altro, invece, quell’effetto inibitorio della pena sarà perfettamente comprensibile da chi si trovava in una condizione di capacità parzialmente scemata.
Incapacità assoluta, invece, di intendere e di volere, è prevista per i minori di anni 14 (ai sensi dell’art. 97 del codice penale, non è imputabile chi al momento in cui ha commesso il fatto non aveva compiuto quattordici anni).
Diversa la condizioni dei minori con un’età compresa tra i 14 e i 18 anni per i quali l’imputabilità andrà discussa ed esaminata singolarmente ed in base al fatto commesso.

 *** *** ***
Nel 1800 una legge del Parlamento Inglese, sotto il Regno di Re Giorgio III, istituì il cosiddetto Insane Offender’s Act, prevedendo di custodire soggetti malati di mente che avevano commesso un reato.
In Italia nel 1876 venne istituita una sezione speciale per maniaci all’interno della Casa penale per invalidi di Aversa, primo tentativo dei cosiddetti futuri manicomi criminali, che ospitava, inizialmente, soggetti “impazziti” durante la carcerazione.
Per anni privi di una normativa specifica, fu con l’emanazione del Codice Rocco, il codice penale italiano del 1930, che vennero introdotte le misure del manicomio giudiziario in riferimento, appunto, ai concetti di pericolosità sociale e vizio di mente, rendendosi necessaria una misura di sicurezza alternativa (e più efficace) del carcere.
Dopo diverse e lunghe iniziative volte alla ridefinizione e rideterminazione di alcune misure di sicurezza, con riferimento, altresì, ai dettati comunitari, si è giunti ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 1° aprile 2008, che introduce alcune linee guida.
In particolare, con riferimento al paziente autore di reato, sono state classificati i seguenti soggetti, divisi per categorie:
• Categoria 1
la persona con un disturbo psichiatrico che ha commesso un reato ed è stata prosciolta perché ritenuta totalmente incapace di intendere e di volere, se giudicata socialmente pericolosa sulla base di una perizia psichiatrica, viene sottoposta alla misura di sicurezza dell’internamento in OPG di durata proporzionale al delitto commesso (2, 5 o 10 anni), prorogabili dal magistrato di sorveglianza in base al giudizio clinico dei sanitari dell’OPG;
• Categoria 2
la persona che ha commesso un reato ed è stata giudicata parzialmente incapace di intendere e di volere e socialmente pericolosa, scontata in carcere una pena diminuita di un terzo, viene trasferita dal carcere all’OPG per scontare la misura di sicurezza, la cui durata è sempre rapportata al tipo di reato commesso;
• Categoria 3
la persona imputata in qualsiasi grado di giudizio viene sottoposta alla misura di sicurezza dell’internamento provvisorio in OPG in attesa del giudizio definitivo se vi è una presunta pericolosità sociale;
• Categoria 4
la persona detenuta già condannata può giungere in OPG dal carcere per un’infermità mentale sopravvenuta durante la detenzione e rimanervi per il periodo stimato necessario alla cura, al termine del quale fa ritorno in carcere;
• Categoria 5
la persona imputata, detenuta in ogni grado di giudizio o già condannata, può essere inviata in OPG dal carcere per essere sottoposta ad osservazione psichiatrica, per un periodo non superiore a 30 giorni.

Tramite l’attivazione all’interno degli istituti di pena di reparti destinati alla cura dei detenuti con disturbi mentali sopravvenuti nel corso della detenzione (Categoria 4 e 5 del suddetto elenco) i detenuti sarebbero stati curati all’interno del carcere e non sarebbero più giunti in OPG con conseguente riduzione del numero dei ricoverati in OPG5
(v. ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ - Valutazione diagnostica dei pazienti psichiatrici autori di reato: messa a punto di una metodologia standardizzata e riproducibile - Rapporti ISTISAN 14/10, a cura degli autori: Ilaria Lega, Debora Del Re, Angelo Picardi, Isabella Cascavilla,  Antonella Gigantesco, Andrea Di Cesare, Guido Ditta e Teresa Di Fiandra)
Nello stesso rapporto ISTISAN 14/10, Teresa Di Fiandra, della Direzione Generale Prevenzione Sanitaria presso il Ministero della Salute, afferma che:
Una svolta, soprattutto nel senso dell’accelerazione temporale, si è verificata con l’emanazione della Legge 17 febbraio 2012 n. 9 che, completata nelle sue articolazioni dalle successive modificazioni (ultima delle quali è la Legge 23 maggio 2013, n. 57), ha sancito l’unidirezionalità del processo avviato, che si chiuderà con la definitiva scomparsa dell’OPG così come configuratosi fino ad oggi.
Qualora, in alternativa ad ogni altro intervento da condursi in ambito territoriale fuori dalle strutture carcerarie, il Magistrato stabilisca l’applicazione della misura di sicurezza detentiva, questa sarà eseguita in una struttura a carattere sanitario, definita convenzionalmente REMS
(Residenza per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza), di piccole dimensioni (non più di 20 posti letto, sia pure con la possibilità di organizzare e gestire moduli vicini), con requisiti prescrittivi per quanto riguarda le dotazioni strutturali e di organico, e con la previsione di sole
forme di vigilanza perimetrale. La responsabilità di gestione è dunque interamente in capo alle Amministrazioni regionali, che la esercitano attraverso le proprie Aziende sanitarie locali, e più specificamente attraverso i DSM, dal momento che l’obiettivo finale dell’intero percorso è la presa in carico terapeutica e il reinserimento sociale dei soggetti interessati” (v. rapporto ISTISAN 14/10 Istituto Superiore Di Sanità - Valutazione diagnostica dei pazienti psichiatrici autori di reato: messa a punto di una metodologia standardizzata e riproducibile, cit.).

Normativa di riferimento
• Decreto Presidenza Consiglio dei Ministri 1° aprile 2008, n. 144. Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 126, 30 maggio 2008.
• Legge 17 febbraio 2012, n. 9. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata
dal sovraffollamento delle carceri. Gazzetta Ufficiale n. 42, 20 febbraio 2012.
• Legge 23 maggio 2013, n. 57. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria. Gazzetta Ufficiale n.121, 25 maggio 2013.
• Legge 1980 del 1978, c.d. Legge Basaglia, legge sulla cura e riabilitazione di malati psichiatrici.

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