Serial Killer

Nell’ambito della fenomenologia degli assassini, quella serial killer rappresenta una delle categorie più inquietanti.
È serial killer chi commette almeno tre delitti, interrotti dal cosiddetto “cooling-off” cioè un intervallo di raffreddamento tra un delitto e l’altro.
A differenza dal mass murder o dal family mass murders (che tendenzialmente non ha vissuto particolari traumi famigliari, anzi, spesso la sua realtà famigliare è presente e dedita alla sua educazione), il serial killer ha spesso condotto una vita piuttosto introversa, asociale ed emarginata; l’infanzia è problematica ed è normalmente incapace di creare e soprattutto di mantenere relazioni sociali, di affettività e di amicizia.


“l’omicida seriale è colui il quale commette tre o più omicidi, in tre o più località distinte, intervallate da un periodo di freddezza emozionale”
Crime Classification Manual, 1992 (definizione FBI)

Le esperienze traumatiche o drammatiche proprie del vissuto del serial killer comportano il crearsi di uno schema mentale ben preciso a cui dare esecuzione.
Tendenzialmente di sesso maschile (minima, in letteratura, la presenza di serial killer di sesso femminile, soprattutto in riferimento al locus del delitto), tende ad avere un aspetto fisico imponente e talvolta curato in maniera ossessiva, tramite ad esempio, attività di body building, è orientato ad affermare la sua supremazia fisica sugli altri.
A differenza del mass murder, il serial killer non si ferma e non intende a farlo. La sua attività criminale si arresta solamente in seguito alla cattura, o al sopravvenuto decesso.
Accantonate le principali teorie lombrosiane sull’uomo delinquente, è possibile, tuttavia, determinare degli elementi comportamentali comuni in molti serial killer, soprattutto in ordine alla propria infanzia.
In specie, si parla di enuresi (fare la pipì a letto, durante il sonno, nelle ore notturne), piromania (dar fuoco a svariati oggetti, libri o abiti, come espressione di rabbia, prepotenza e soprattutto del potere di distruggere qualcosa cui segue un certo appagamento di natura sessuale).
Ed infine la crudeltà verso gli animali, comportamento di certo più allarmante, che sfocia non solo in episodi di tortura ma, in alcuni casi, in uccisioni feroci e crudeli.
Le giustificazioni psicologiche dell'assassino seriale sono fortemente connesse con l’abuso dell’esercizio del potere o ad impulsi dal connotato sessuale, di tipo prevalentemente sadico.
La personalità del serial killer è carattrizzata dalla percezione della propria inadeguatezza e da un livello di autostima estremamente basso; umiliazioni, abusi sessuali o situazioni di povertà esasperata ne rappresentano i principali traumi che il soggetto si trascina come un fardello pesantissimo.
Inoltre, a seconda delle pulsioni e dei moventi, gli assassini seriali possono essere qualificati in diverse categorie (si pensi agli edonistici, il cui scopo è quello di provare piacere dal crimine o ai missionari i cui omicidi sono delle missioni vere e proprie, prima tra tutte quella di ripulire la società da una certa categoria di persone, ad esempio le prostitute).
I Dominatori corrispondono alla tipologia più frequente. Obiettivo preminente del killer-dominatore è quello di esercitare potere sulle proprie vittime, che rappresentano delle prede vere e proprie.
In tale modo accresce (grossesco Crimine!) la sua autostima così come la percezione della propria forza fisica e della supremazia psicologica sulla vittima stessa e, di riflesso, su parenti e investigatori.
Il meccanismo è di tipo compensatorio, volto a riequilibrare gli abusi e i torti subiti in età infantile o adolescenziale e, talvolta, in età adulta.

Per approfondimenti, utili i seguenti testi

I serial killer - Vincenzo M. Mastronardi, R. De Luca

Furia Omicida – Harold Schechter, 2005



Commenti

Post popolari in questo blog

BREAK THE SILENCE

Tatuaggi, criminologia e "Mostra Tattoo - l'arte sulla pelle" - Torino, 9 novembre 2018 a 3 marzo 2019

INVESTIGATORE PRIVATO E INDAGINI DIFENSIVE: registrazioni e microspie