Criminologia generale: concetti introduttivi, definizione ed ambiti di applicazione della criminologia, psicologia forense e psicologia giuridica

La criminologia rappresenta l’insieme delle conoscenze empiriche relative all’autore di un reato, alle condotte socialmente devianti poste in essere dal reo e alla prevenzione di tali condotte antisociali.
Occorre tenere ben presente che l’ambito di applicazione della criminologia, in Italia, è sensibilmente differente rispetto alla stessa disciplina nelle culture anglosassoni: in Italia la criminologia si insinua in un contesto di discipline medico-biologiche, psicologiche, sociologiche e giuridiche laddove, per la scuola anglosassone, americana in particolare, la criminologia è una scienza prevalentemente sociologica.
In Italia, i primi a parlare di reo, di pene e di condotte socialmente rilevanti furono, nel 19° secolo, il giurista Cesare Beccaria, autore dell’opera “Dei delitti e delle pene” (1764) e nel 20° secolo, il medico legale Cesare Lombroso, autore dell’opera “L’uomo delinquente” (1876).
Entrambi diedero un significativo contributo ad una materia che resta complessa e particolarmente articolata, a causa delle implicazioni, appunto, tra scienze empiriche e discipline giuridico-penali (motivo per il quale risulta difficile definire la Criminologia come una scienza vera e propria).
Per tutti questi motivi la criminologia è da considerarsi come una materia particolarmente eterogenea: non è una scienza di carattere unitario ma la somma  di svariate conoscenze, scienze e tecniche di studi inerenti i reati, i suoi autori e gli strumenti di tutela della società.
CESARE BECCARIA
(Milano, 15 marzo 1738 – Milano, 28 novembre 1794)
«Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa»

Autore del celebre trattato “Dei delitti e delle pene”, rappresenta il più grande influente del diritto penale e della criminologia.
Nel 1764 viene diffusa in maniera anonima la prima edizione del suddetto Trattato nel quale vengono illustrate teorie contro la tortura e la pena di morte, il quale ebbe un impatto di forte successo in tutta Europa (ma anche negli Stati Uniti, al punto che i Padri Fondatori ne trassero spunto e ispirazione nella stesure delle loro Carte Costituzionali).
Significativa la sua posizione in materia di Pena di Morte, laddove, afferma, nel cap. XXVIII, l’indisponibilità del bene (prezioso) della vita, sottratto non solo alla volontà del singolo ma anche, e soprattutto, della Nazione.
« Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio »
Per l’autore, infatti, tale soluzione normativa non funzionerebbe da deterrente nel commettere un reato e spesso, un pericoloso criminale teme meno la morte di una lunga e sofferta, perché perpetua, privazione della sua libertà personale: la prima sarebbe una sofferenza diretta ma risolutiva; la seconda, uno stillicidio sofferto, una perpetua agonia.
Per quanto concerne, invece, la tortura, il pensiero dell’autore muove attorno al concetto di certezza della pena: in un contesto in cui un soggetto è innocente fino alla definitiva condanna di un organo giudicante, allora, la tortura (come strumento, ad esempio, volto alla confessione…) potrebbe risultare essere praticata, appunto, su di un innocente.  Il che sarebbe oltremodo terribile. In più potrebbe portare, come noto, a false confessioni, volte appunto a porre termine alle sofferenze che la tortura determina.
CESARE LOMBROSO
(Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909)

«...il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell'umanità primitiva e degli animali inferiori»

Cesare Lombroso, medico, giurista e antropologo è considerato uno dei fondatori della scienza criminologia, e teorico dell’antropologia criminale.
Le sue teorie si basavano sostanzialmente sul concetto dell’uomo delinquente, del criminale per nascita, ossia di quei soggetti che (secondo l’autore) presentano delle caratteristiche anatomiche e fisiche che li predispongono al crimine. 
Per Lombroso vi sono atavismi e pulsioni ancestrali che determinano nell’uomo tendenze criminali grottesche ed innate per le quali l’unica cura era di tipo clinica e terapeutica.
Sull'unicità degli studi di Lombroso rinvio alla futura visita al museo di Antropologia Criminale alla quale conto di dedicare un post a sé.
Per ora mi limito a riferire un breve cenno circa le sue teorie sull'atavismo Criminale e sulla ormai vacillante (in quanto non dimostrata) relazione tra funzioni psichiche-morfologia del cranio- comportamento Criminale.
Discorsi, questi, alquanto remoti e decisamente superati: è chiaro e assodato che l'aspetto fisico quanto la morfologia del cranio non hanno correlazioni  con il comportamento criminale.

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