LA SINDROME DI MUNCHAUSEN


Viaggio a cavallo di una palla di cannone*
Munchausen - illustrazione di Gustave Doré
 
Il nome di tale sindrome deriva dal Barone di Munchausen (Germania 1720-1797), conosciuto come il “Barone bugiardo”, grazie alla sua particolare capacità narrativa (relativa a storie inventate quale, appunto, il Viaggio a cavallo di una palla di cannone*).
Annoverata tra i disturbi fittizi la cui caratteristica peculiare consiste nella produzione intenzionale di segni o sintomi (fisici e/o psichici) al fine di assumere il ruolo del malato, può essere autoindotta oppure indotta ad altri (in tal caso, Munchausen per procura, ora Disturbo fittizio provocato ad altri).
Dal punto di vista criminologico è la variante per procura ad essere rilevante. Infatti, il soggetto che determina i sintomi, o segni fisici o psichici in un altro individuo, tendenzialmente un bambino è un adulto, (spesso la madre), che attribuisce o procura una malattia (o i segni di una malattia fittizia) nel bambino rivolgendosi, con eccessiva frequenza, ai sanitari.
I criteri diagnostici dei disturbi fittizi procurati ad altri sono i seguenti:
  • Falsificazione di segni o sintomi fisici o psicologici, o induzione di un infortunio o di una malattia in un altro individuo, associato a un inganno accertato.
  • L'individuo presenta un'altra persona (vittima) agli altri come malata, menomata o ferita.
  • Il comportamento ingannevole è palese anche in assenza di evidenti vantaggi.
  • Il comportamento non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale, come il disturbo delirante o un altro disturbo psicotico.
Come per le altre tipologie di maltrattamento anche in questa patologia, trattandosi di abuso, è importante individuare chi è il soggetto abusante;
E' un compito difficile poiché a differenza delle altre forme di maltrattamento, in cui gli attori principali sono di solito figure maschili, in questa sindrome chi abusa è sempre il caregiver primario (colui che presta cura ed assistenza), nella quasi totalità dei casi la madre, a seguire il padre, la baby-sitter e i nonni.
Focalizzando l’attenzione sulla protagonista maggiormente rappresentativa, la madre, esistono comportamenti materni che portano a individuare alcune caratteristiche proprie ricorrenti nei diversi casi di Disturbo fittizio provocato ad altri.
 
Vi sono donne, infatti, per le quali ogni aspetto della propria vita è gestito e dominato dall’ansia che le spinge a volersi occupare del proprio figlio nel modo sbagliato. Le intenzioni sono le migliori ma, di fatto, sono incapaci di accudire e tutelare i propri figli. Ed ecco che la malattia, fittizia, attirando su si sé l’attenzione da parte dei terzi, fa aumentare l’autostima alimentando la propria continua e costante ricerca di attenzione.
 
Ed il bambino, vittima, ovviamente non può riconoscersi in tale ruolo né ha le basi per farlo, soprattutto qualora l’artefice del proprio male è la madre. Proprio perché nella madre si ripone tutta la fiducia di cui si è capaci; proprio perché la madre rappresenta quella base sicura  di cui Bowlby ne enfatizza l’essenza (v. Una base sicura, John Bowlby, Raffaello Cortina Editore).
 
E più cresce, più il bambino tende a “mantenere il segreto” anche qualora inizia ad intuire che le cure materne, talvolta, sono inutili, eccessive e soprattutto dannose (proprio perché, sovente, dopo le “cure”, lo stato di salute peggiora, invece di migliorare).
 
Riassumendo:
  • i disturbi fittizi consistono nel generare intenzionalmente i sintomi di una malattia, senza che da essa derivi un qual si voglia vantaggio (ad esempio economico, si pensi, nel caso di tentata frode in assicurazione…);
  • la malattia indotta può avere natura  psichica o fisica, con intensità di volta in volta differente;
  • i sintomi della malattia indotta alla vittima scompaiono in concomitanza del ricovero presso le strutture ospedaliere e ricompaiono immediatamente dopo le dimissioni della vittima stessa.

 
Bibliografia consultabile per approfondimenti

  • Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM, V ed. 2014-ita)
  • JOHN BOWLBY, Una base sicura, Raffaello Cortina Editore
  • MASTRONARDI V. (2012 – V EDIZIONE), Manuale per Operatori Criminologici e Psicopatologi Forensi, Giuffré ed., Milano (per la parte relativa allo studio della vittimologia)
  • MASTRONARDI V., VILLANOVA M. (2007), Madri che uccidono, Newton Compton Editore, Roma
  • CORRERA M.M., MARTUCCI P. (1988), La violenza nella famiglia. La sindrome del bambino maltrattato, Cedam, Padova.      

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