L'AUTOPSIA PSICOLOGICA

Aspetto molto discusso in letteratura criminologica è quello dell’autopsia psicologica, ossia del meccanismo tramite il quale si cerca di “leggere” tra il vissuto della vittima, tra le sue abitudini, i suoi atteggiamenti ed i suoi comportamenti, al fine di capire l’evento morte insieme con le cause che l’hanno determinata.

Concetto dibattuto in quanto non esiste un vero e proprio protocollo cui attingere al fine di procedere all’autopsia psicologica.

Il primo approccio verso tale procedura si ha in una Inghilterra della fine degli anni settanta, in un contesto pseudo kubrickiano saturo di eventi ma debole di soluzioni.

Si cercava di voler andare oltre all’evento morte e, soprattutto si credeva, naturalmente, che il vissuto precedente all’evento morte stesso contenesse importanti tasselli utili per ricondurre un fatto al proprio autore. 

Come detto non v’era (e non v’è) un protocollo vero e proprio, bensì, di volta in volta era opportuno procedere alla creazione di indicazioni e, dunque, ad un protocollo de facto, dettato dalle esigenze investigative e processuali.

Stiamo parlando, dunque di ipotesi in cui è ignota (in prossimità del suo verificarsi) la causa della morte: non è chiaro, dunque, se trattasi di morte accidentale, di suicidio o di omicidio, pertanto si renderà indispensabile rintracciare tra il vissuto della vittima le cause ed  avvicinarsi ad un colpevole (nelle ipotesi omicidiarie).

In tal senso il tema dell’autopsia psicologica si colloca nella più ampia e statuita disciplina della vittimologia, andando dunque a ricomprendere tutte quelle argomentazioni di studio delle vittime di un delitto.

Dunque, di fronte ad una vittima sopravvissuta ad un evento delittuoso, il suo ruolo sarà, fondamentalmente, quello di testimone chiave dell’evento stesso; laddove ci si trova di fronte ad un cadavere, allora, il suo corpo in primis, ed il suo vissuto personale e consuetudinario poi, saranno elementi imprescindibili e fondanti il percorso medico legale-indiziario-giudiziario.

L’autopsia psicologia nasceva come tentativo di dare spiegazione all’agire autodistruttivo, ossia alle ipotesi di suicidio. E nel tentativo di comprendere il gesto risolutivo estremo, in assenza di patologie fisiche o psichiatriche che possano corrispondere al presagio di un suicidio. Fondamentale in tal senso lo studio circa la famigliarità degli episodi depressivi che hanno indotto o che potrebbero indurre al suicidio.

Nelle ipotesi di omicidio, invece, l’autopsia psicologica (da effettuarsi esclusivamente professionisti legati al mondo della medicina legale, della psichiatria e della psicologia forense) deve infatti unirsi ad altre attività tipiche delle scienze forensi quali l’analisi della scena del delitto, lo studio repertale e peritale in genere. Ecco dunque che intervengono professionisti e periti iscritti in appositi albi o registri professionali (psichiatri, medici legali, psicologi, patologi forensi) che interagiscono in comune con le forze dell’ordine, per conto e su ordine degli organi inquirenti.

Immagine di copertina, Van Gogh, autoritratto, 1889

 

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