Il tema della sicurezza sociale

Cosa significa essere protetti? – si chiedeva Robert Castel (R. Castel, L’insicurezza sociale, Einaudi 2011). Domanda interessante e soprattutto, sarebbe interessante ed utile comprenderne la risposta. Il sentimento di sicurezza è totalmente soggettivo. C’è chi si sente sicuro se circondato da un esercito armato, contrariamente a quanti, di quell’esercito, hanno paura. Si vuole, tuttavia, affrontare un tema distaccato da quello delle fobie; queste attengono ad una sfera psicologica e, spesso, sono espressione di un’irrazionale perdita di controllo di fronte ad una situazione non pericolosa. Qui si parla di sentirsi protetti, della percezione della sicurezza, di non temere di essere aggrediti da un momento all’altro, di non perdere il contatto con la percezione della sicurezza che dovrebbe essere garantita in uno Stato impegnato a tutelare e garantire dignità e protezione ai propri cittadini. Però ci sono dei fenomeni che preoccupano e che rischiano di minare la percezione della sicurezza. Perché di questo si tratta: un problema di percezione. In genere si ha paura dell’incognito, di quanto sconosciuto o di quanto ci ha spaventato talmente tanto da avere il terrore possa ripetersi. O ancora, si ha paura di quanto di spaventoso è avvenuto a qualcuno a noi vicino o, peggio, di quanto di spaventoso è avvenuto a qualcuno con cui possiamo facilmente immedesimarci. Un pò questo il motivo per cui ci si appassiona di romanzi noir, alle serie televisive horror o violente o, come nel nostro caso, alla criminologia: l’immedesimazione, con la vittima. Importante poi il ruolo della cronaca, giornalistica e mediatica in generale, che tende (forse involontariamente) a creare un eccessivo allarmismo il cui scopo è certamente quello di catalizzare l’attenzione dei destinatari dell’informazione e, in qualche modo, renderli interessati ed appassionati all’argomento. Il tema della sicurezza dipende, in primis, dalla cultura di un paese e poi, soprattutto, dalla cultura individuale di ciascuno. In Italia c’è un grande problema culturale e questo non è un difetto di percezione, è una realtà abbastanza oggettiva. In generale si può dire che laddove governano sistemi di matrice illecita, difficilmente ci si potrà sentire al sicuro. Allora, la cultura ci tutela anche in questo. La cultura come conoscenza e sapere. Se sono a conoscenza che, dopo una certa ora, in un determinato quartiere si sviluppa il traffico e lo spaccio di droghe, magari evito di passeggiare proprio li. Scansare il problema è, di fatto, una prima strategia. Certo, scansare un problema, evitando di contribuire a debellarlo non è il massimo, non ci fa sentire parte di un sistema globale di solidarietà collettiva.
Robert Castel, 2004 - Einaudi

Ritornando alla domanda di Robert Castel, Cosa significa essere protetti?Sicurezza, l’etimologia stessa ne anticipa l’essenza, sine cura, senza preoccupazioni, è un dovere che le istituzioni pubbliche devono garantire a tutti. Significherebbe, ad esempio,  potersi permettere di passeggiare ovunque e non dover trovare il coraggio di camminare in un quartiere periferico e malfamato, ma poterlo fare con la certezza che nulla di pericoloso possa mai accadere. Utopia o sogno irrealizzabile. Poco conta. Di fronte a questa esigenza di sicurezza c’è il dovere di garanzia delle istituzioni.Tornando poi a questo “diverso” che spaventa, che terrorizza, sarebbe opportuno effettuare significative precisazioni. A cosa ci si riferisce, agli stranieri? Ai migranti? Ai pazzi? Ai malati? È tutto eccessivo, affrontato in questa maniera. Così come eccessiva è la generalizzazione riferita a tali fenomeni. Ma provando a ragionare per gradi, è possibile trarre decisivi punti di riflessione. L’immigrazione, ad esempio, è un fenomeno che inquieta. Un po’ perché una qualsiasi cultura diversa dalla propria è spesso percepita come un tentativo invadente di imporre costumi e tradizioni lontane anni luce dalle nostre. Un po’ perché,  sovente, non ne conosciamo le essenze. Allora, un primo tentativo potrebbe essere quello di provare a conoscere le culture diverse dalla nostra, soprattutto quando ci si confronta con popolazioni che appartengono a continenti lontani. E, soprattutto, far conoscere la cultura del paese in cui, lo straniero, l’immigrato, il migrante o chi per esso, si trova (per scelta o per caso che sia). È anche un problema di mediazione culturale. E, sicuramente, portando alla luce usanze, costumi e percezioni, è possibile fare un passo in avanti enorme. I migranti, ad esempio, vanno accolti con umanità. E con lo stesso rispetto tramite il quale sarà indispensabile procedere ad integrarli. Portandoli a conoscenza dei valori della civiltà in cui (come detto, per scelta o per caso) si trovano a vivere. È il primo passo, tentare di istruire chi non conosce un sistema legislativo, sociale e culturale sensibilmente diverso dal proprio. E l’elemento sociale è fondamentale. Spesso, ad esempio, si tratta di persone che hanno vissuto in Paesi in cui i valori sono differenti, diciamo così. In cui ad esempio i principi della famiglia sono altri, in cui esiste ancora un sistema eccessivamente patriarcale, un maschilismo cronico in cui le donne non solo non hanno gli stessi diritti degli uomini, ma sono considerate inferiori agli uomini ed equiparate ad oggetti. Debellare in primis i “valori umani” contrari al senso comune di dignità ed uguaglianza sarebbe già un primo passo in avanti.
Un ipotetico inventario volto a determinare le origine della paure era già stato intentato dal filosofo il quale, nel testo , affronta il tema delle paure in relazione alla globalizzazione, al consumismo e alle problematiche sottese all’integrazione. Zygmunt BaumanPaura LiquidaNessun rimedio risolutivo: le paure dell’uomo sono, per il filosofo, alimentate dalla paura della malvagità umana, e dei malfattori umani (Bauman). , Paura liquida, 2006 – Ed. LaterzaLaddove, richiamando lo stesso , ripropone il concetto per il quale la responsabilità di tale situazione di insicurezza e di paura è da rintracciarsi nell’individualismo moderno: Castel




“La società moderna è stata costruita sulle sabbie mobili della contingenza, poiché al posto delle comunità e corporazioni fittamente intrecciate che un tempo definivano le regole di protezione e i relativi diritti e obblighi ne monitoravano l’osservanza, è subentrato un dovere individuale di attenzione, interesse, amore e cura per se stessi “ (pag. 164, Paura Liquida, Bauman, Laterza ed. 2006).



Commenti

Post popolari in questo blog

BREAK THE SILENCE

Tatuaggi, criminologia e "Mostra Tattoo - l'arte sulla pelle" - Torino, 9 novembre 2018 a 3 marzo 2019

INVESTIGATORE PRIVATO E INDAGINI DIFENSIVE: registrazioni e microspie