Ricatto sessuale, SEXtortion, violenza e molestia sessuale

Il ricatto sessuale è lo strumento squallido e sessista di chi approfitta della propria posizione di vantaggio, dettata dal potere, per assoggettare qualcuno al proprio piacere fisico.

Nell’antologia giudiziaria, spesso, a ricattare è un uomo potente il quale, approfittando del proprio ruolo apicale e di potere, tende a richiedere prestazioni sessuali in cambio di un favore che determina un diretto vantaggio nei confronti di chi cede al ricatto (un nuovo posto di lavoro, un nuovo status sociale od anche un’ulteriore progressione economica lavorativa). Ora, di fronte ad un ricatto sessuale, ci possono essere infinite possibilità di comportamento. Ci possono essere uomini e donne che, questo ricatto sessuale, lo cercano ripetutamente. E che quasi sperano di trovarsi nella situazione di chi, in cambio di un favor sessuale, possa ottenere una svolta della propria vita o della propria situazione lavorativa. In tal caso, la coscienza e la volontà sono preordinate allo scopo, e dunque all’accettazione del ricatto sessuale. Permane, dunque, il senso del controllo. La scelta, la discrezionalità. Il ricatto sessuale, di fatto, rappresenta l’esatto opposto del controllo: nel momento in cui si rifiuta l’approccio sessuale (dal quale possa derivare un diretto vantaggio) si evita di permettere all’altro di ottenere ciò che desidera. E dunque, l’atto sessuale.  In tal caso mutano immediatamente le posizioni, e la vittima, che rappresenta l’oggetto del desiderio del potente, assume una posizione di vantaggio, poiché ha scelto di non assecondare la proposta sessuale.
A questo punto al ricattatore si aprono due strade: accettare pacificamente la “sconfitta”, oppure, abusare della propria posizione per estorcere, con violenza, un favore sessuale. Permane, in tale sede quanto detto in tema di violenza sessuale (qui), il delitto contro la libertà sessuale, la cui disciplina è stata integrata con la Legge n. 66/1996.
È opportuno sottolineare come il nostro ordinamento tenda a ricondurre tale libertà sessuale all’esclusiva disponibilità dell’individuo, esulandone ogni qual si voglia implicazione di carattere morale. Ma allora, accettare un ricatto sessuale, fa si che questo resti tale?
Occorre ragionare proprio su questo: accettare l’approccio sessuale per ottenere qualcosa in cambio fa si che l’iniziativa del proponente cessi di essere un ricatto sessuale? Diventa un incontro di volontà concordi?
In teoria la proposta sessuale può essere oggetto di una manifestazione di volontà, libera e autodeterminata. Non parliamo di un contratto vero e proprio, ovviamente, né, tantomeno, di un negozio giuridico, in quanto sia il negozio giuridico che il contratto devono avere una causa ed un oggetto che rispettino determinati parametri, sanciti dal codice civile.
Tuttavia, la vita e le situazioni sentimentali nascono e si sviluppano in base all’incontro di volontà concordi, in maniera semplice e lontana dalle implicazioni giuridiche! E fin qui, nulla quaestio.
Quando un individuo costringe altri a subire un atto sessuale, attraverso la violenza o la  minaccia (o abusando del proprio status sociale o professionale) allora si pone in essere un comportamento illecito e gravissimo. Si annulla la libertà di scelta della vittima la quale non rientra più nella sua disponibilità. In pratica di fronte ad un ricatto sessuale, è possibile configurarsi diverse ipotesi:

  1. la proposta sessuale viene accettata
  2. la proposta sessuale viene respinta, ma ad essa segue un atto di violenza
  3. la proposta sessuale viene respinta

 Nel primo caso dovrebbe cessare la natura stessa del ricatto, in linea con la libertà di disporre dei propri diritti sessuali (e, soprattutto in linea con il fatto che, ad ottenere un vantaggio, sono entrambe le parti);
Nel secondo caso vi è una vera e propria ipotesi di delitto contro la libertà sessuale, in conseguenza del quale il consenso della vittima, assente, viene neutralizzato dalla violenza.
 Nel terzo caso, occorre valutare l’ipotesi del tentativo di violenza sessuale (o, quanto meno, di molestia sessuale)

 

 

A fare chiarezza, in tal senso, con la Sentenza del 15 febbraio 2017, n. 7154  interviene la Suprema Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, ove ha cercato di definire gli ambigui confini tra tentativo e consumazione nel reato di violenza sessuale.
Nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell’agente, si configura il tentativo del reato di violenza sessuale.
Inoltre, Secondo la giurisprudenza della Corte la molestia sessuale, che è una forma particolare di molestia prevista e punita dall’articolo 660 cod. pen., prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale e si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con altrettante petulanti telefonate o con espressioni volgari nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta.
Essa coincide con tutte quelle condotte, sessualmente connotate, diverse dall’abuso sessuale, che vanno oltre il semplice complimento o la mera proposta di instaurazione di un rapporto interpersonale.
Se dalle espressioni verbali a sfondo sessuale si passa ai toccamenti a sfondo sessuale si realizza il delitto di abuso sessuale consumato o tentato a seconda della natura del toccamento e delle circostanze del caso.
Nella nozione di atti sessuali, poi, debbono farsi rientrare tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale (in questa facendo rientrare anche le zone erogene) con modalità connotate dalla costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona, ovvero abuso di inferiorità fisica o psichica.
Tra gli atti idonei ad integrare il delitto di cui all’art. 609 bis c.p. vanno ricompresi anche quelli insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente- come ad es. palpamenti, sfregamenti, baci (Sez.3,n.42871del 26/09/2013, Rv.256915); la nozione di violenza nel delitto di violenza sessuale non è limitata alla esplicazione di energia fisica direttamente posta in essere verso la persona offesa, ma comprende qualsiasi atto o fatto cui consegua la limitazione della libertà del soggetto passivo, così costretto a subire atti sessuali contro la propria volontà (Sez.3, n.6643 del 12/01/2010, Rv.246186); ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis cod. pen., violenza sessuale, non è, dunque, necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo (Sez. 3, n. 6340 del 01/02/2006,Rv.233315).
Il tentativo del reato di violenza sessuale è configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell’agente, mentre per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa (zone genitali o comunque erogene), essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore o che quest’ultimo consegua la soddisfazione erotica. (Sez. 3, n. 4674 del 22/10/2014, dep. 02/02/2015, Rv. 262472); ed ancora si è affermato che è configurabile il tentativo del reato, previsto dall’art. 609 bis cod. pen., in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l’agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest’ultima con le proprie parti intime (Sez.3, n.17414 del 18/02/2016, Rv. 266900).

Tuttavia, è bene precisare che attualmente per ricatto sessuale ci si riferisce alle ipotesi di SEXtortion, ossia di estorsione sessuale.
Si tratta di un fenomeno molto diffuso, perpetrato ai danni dei navigatori della rete che, con pretesti e inganni, inviano propri filmati o immagini private che li ritraggono in atteggiamenti di intimità.
Ed ecco pronta la minaccia di diffondere in rete le immagini reperite ingannevolmente, salvo il pagamento di un corrispettivo.
È possibile dunque parlare di evoluzione tecnologica del concetto di estorsione, ossia di quel delitto per il quale  “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno” (art. 629 cod. pen.).
Spesso le vittime di tale estorsione sessuale accettano di pagare il corrispettivo richiesto per vergogna o per evitare la gogna pubblica, se così si può dire.
Il problema riguarda soprattutto gli adolescenti (che rappresentano qui le vittime maggiormente coinvolte) i quali, spesso in preda ad una vulnerabilità comportamentale, potrebbero riverberare le proprie fragilità in condotte autodistruttive e suicidi tentati o consumati.
Gli autori di queste truffe iniziano a chattare con numerosi utenti in siti specializzati per gli incontri on-line.
Una volta che hanno costruito una buona relazione e hanno acquisito informazioni, invitano le vittime a coinvolgersi in attività sessuali online che vengono a loro insaputa videoregistrate.
Successivamente i truffatori minacciano le vittime, nell’ipotesi che non versino una certa quantità di denaro, di diffondere i video compromettenti a tutti i loro contatti online.

 

È opportuno, dunque, educare adolescenti (ma non solo) alla consapevolezza dei rischi presenti sulla rete, ai pericoli concreti relativi alla possibilità di incontrare persone violente e pericolose e dunque, esortare chiunque ad evitare il dialogo (seppur virtuale) con sconosciuti.
È indispensabile monitorare costantemente l’attività dei ragazzi adolescenti ed analizzare attentamente il loro atteggiamento (senza paura di un giudizio eccessivamente severo, in quanto si tratta di tutelare la salute psicofisica dei propri ragazzi).
Importanti, in tal senso, i sistemi di tutela indicati sul sito del ministero della Giustizia (qui) ove si precisano i termini di questo raggiro perpetrato ai danni di utenti internet ai quali, con l’illusione di un flirt o una storia sentimentale, sono estorte immagini erotiche usate poi come strumento di ricatto.
Letture web interessanti:




  • Polizia di Stato, La Polizia in aiuto delle donne vittime di violenze (qui)
  • Foto tratta dal sito della www.gazzettadellavaldagri.it sul quale consiglio la lettura dell’articolo di Giovanni D’agata, dal titolo “Sextortion. Estorsioni sessuali online. L’allerta del Commissariato di PS On Line della Polizia Postale” del 29.09.20
  • "Bacio non gradito evitato: è tentata violenza sessuale”(qui)
  • in copertina, dipinto di Giulia Tomasselli, articolo dal titolo “I disegni del Venturi per dire no alla violenza sulle donne” su Il resto del Carlino, articolo di Valentina Reggiani, pubblicato il  22 novembre 2014 (qui)


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