Memoria del delirio: la deriva demagogica nazifascista

Addentrarsi negli abissi di un tema che rappresenta l’emblema dei crimini perpetrati dall’uomo - lo sterminio - soprattutto alla luce delle innumerevoli condotte di apologia e di negazione cui si assiste ogni giorno, risulta essere estremamente difficoltoso.

E lo sforzo, per me enorme, si fonda sulla certezza di non esserne sicuramente all’altezza di tale improbabile narrazione: si intraveda il mio pudore, ne sono ben felice a scapito di quanti, con assoluto disprezzo, denigrano vite umane svilendo i luoghi in cui questi crimini sono stati perpetrati, senza pudore, appunto.

Tra il 1925 ed il 1926 e dunque con l’emanazione delle leggi fascistissime prima e con l’istituzione del Tribunale speciale poi, l’Italia diventa a tutti gli effetti uno Stato gestito dal Partito Fascista e governato dalla dittatura del Duce.

Il Paese assiste velocemente all'eliminazione di ogni libertà di parola e di espressione, di stampa, di associazione sindacale e, soprattutto, vengono cancellati i partiti politici diversi da quello fascista.

Di fatto ogni istituzione liberale non era (formalmente) eliminata ma, di fatto, svuotata di ogni senso proprio e sostituita, grettamente, dagli organismi fascisti.

C’era un Parlamento evirato della propria funzione legislativa i cui deputati venivano scelti esclusivamente tra i nomi selezionati dal Gran Consiglio del Fascismo. Fino ad arrivare all’eliminazione, nel 1939 della Camera dei deputati, sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

Ecco, d’ora in poi i membri della Camera non veniva più eletti, bensì nominati ius imperii dal Partito Fascista.

Nel corso degli anni, a causa una forte crisi economica internazionale, il regime fascista intentò una politica orientata all'abbassamento salariale con conseguente diminuzione (si stima intorno al 15%) del potere di acquisto delle retribuzioni.

Questo fatto, unito alle severe sanzioni comminate dalla società delle Nazioni all’Italia per gli effetti concernenti la Spedizione in Etiopia, determinò il totale asservimento economico del Paese alla Germania, della quale divenne ben presto, dipendente non solo più economicamente ma anche politicamente.

Al tempo, qualche dubbio sulla legittimità dell’istituzione di un regime totalitario era sorto e non solamente in capo ad un limitato gruppo di intellettuali antifascisti (fermi oppositori del Manifesto degli intellettuali fascisti) bensì in capo alla stessa classe dirigente, al clero, agli esponenti dell’industria e da parte di molti monarchici i quali tendevano ad unirsi in corpi autonomi – seppure non contrastanti con l’ideologia di regime.

Fu esattamente in questo momento che il Duce, con ogni mezzo e, soprattutto, con la forza, tentò di perseguire quella che viene definita in seguito, dagli storici, la fascistizzazione del Paese.

L’obiettivo dell’ormai solido Partito Fascista era quello di infiltrarsi radicalmente nel tessuto sociale con lo scopo di renderlo il più possibile omogeneo alle proprie ideologie. Le virtù del fascismo venivano esaltate e la propaganda veniva resa con ogni mezzo. La stampa pian panino veniva totalmente assoggettata e i direttori delle varie testate giornalistiche, se non volontariamente asserviti al regime, sostituiti.

Ed ora passo alla Germania, dove, successivamente al Fascismo, si sviluppò la corrente nazionalsocialista tedesca, il c.d. nazismo (1920) dalle cui alleanze deriva quel delirio storico e politico del nazifascismo.

Quando Hitler venne nominato cancelliere del Reich (1933) l’Italia era fascista già da 11 anni ormai ed è pacifico che Mussolini rappresentava, per il Fürer, un modello stimato ed un emulo obiettivo, cui seguì, velocemente la nota alleanza bellica.

E se agli albori dell’alleanza Mussolini osteggiava le deliranti teorie antisemite di Hitler, arrivò presto il tempo delle leggi razziali anche in Italia e con esse l’inizio della persecuzione delle persone di religione ebraica e, al contempo, la pagina sicuramente più triste della storia del nostro paese e dell’Europa in generale.

Infatti, esse rappresentano la piena realizzazione dell’allineamento sulle posizioni tedesche nonché l’aspetto maggiormente evidente dell’ormai dipendenza politica di Mussolini da Hitler.

Leggi antisemite unite alle liste di censimento delle popolazioni ebraiche fornite dall’Italia alla Germania e sulla base delle quali la Germania identificò la popolazione da internare nei lager.




Il 14 luglio 1938 la popolazione ebraica venne inserita nel Manifesto della razza come non appartenente alla razza italiana: ciò determinava l’esclusione da ogni affare politico e pubblico. E, cronologicamente la prima legge contro la razza ebraica fu quella che ne determinava l’espulsione dal tessuto scolastico. di insegnanti e studenti di ogni ordine e grado. 
E con la nascita della Repubblica di Salò (1943/1945) lo stato fascista divenne il principale coadiuvante dell’azione di deportazione nei lager degli ebrei.
Di qui la fusione coi deliranti obiettivi hitleriani che vede nella soluzione finale del problema ebraico il terrore perpetrato nei luoghi di tortura e sterminio attraverso i quali furono eliminati milioni di ebrei, di slavi e di zingari.
Perché i lager erano anche questo: luoghi di tortura nei quali venivano condotti esperimenti pseudoscientifici sui deportati che spesso morivano dopo atroci sofferenze.
E vi sono le testimonianze degli autori di tali crimini rese al tribunale di Norimberga a dettagliare la situazione.
E poche le testimonianze dei sopravvissuti, alcuni morti poco dopo la liberazione mentre altri si tolsero la vita di fronte all'orrore di un terribile ricordo.
L’olocausto – il genocidio di massa degli ebrei (ma che interessò anche altre minoranze quali rom e sinti e le popolazioni slave della Polonia e dell’ex unione sovietica) è nello specifico un crimine di guerra ma che può collocarsi (sebbene non per tutti gli ordinamenti) nel più ampio genus dei crimini contro l’umanità ossia relativo a violenze o abusi diretti contro un popolo che, a seguito della loro perpetrazione, risultano essere dannose per l’intera umanità.
Il genocidio in specie, è definito da una risoluzione adottata dall’Onu come l’insieme degli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso
l'11  dicembre 1946, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconobbe il crimine di genocidio con la risoluzione 96 come "Una negazione del diritto alla vita di gruppi umani, gruppi razziali, religiosi, politici o altri, che siano stati distrutti in tutto o in parte".
In particolare, in cosa consiste il delitto di genocidio?

Con l’adozione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio il 9 dicembre 1948 veniva indicato quanto segue:

Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

       uccisione di membri del gruppo;

       lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo;

       il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;

       misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo;

       trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro”.


Tutto. Ma non pazzi

Hitler così come Mussolini erano tutto tranne che pazzi. Ricondurre la loro condotta criminale alla pazzia risulterebbe essere solamente una scappatoia. Un banale tentativo di spiegare con l’irrazionalità la logica di una comportamento che ne risulterebbe essenzialmente privo.
Fin dalla sua nascita la criminologia ha tentato di dare le risposte, soprattutto laddove non è tracciabile un quadro clinico patologico. Esiste il crimine a prescindere dalle patologie. Esiste la cattiveria e vi sono soprattutto i criminali lucidi e sani di mente quindi imputabili, che commettono le loro azioni solo per raggiungere vantaggi personali, il cui ego malevolo accresce in maniera proporzionale alla natura dei crimini commessi, la cui forza è indice di una violenza che evolve a tal punto, da spingerli all’incomprensibile.
Hanna Arendt sosteneva che “la triste verità è che molto del male viene compiuto da persone che non si decidono mai ad essere buone o cattive”.

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