Fraudolenti verso chi si fida: i traditori

In un’area concava, ai margini degli altri gironi infernali, all’ingresso del nono cerchio, Dante colloca la Caina – ove, in un lago reso ghiacciato dal vortice creato delle ali di Lucifero, sono immersi fino al capo i traditori dei parenti.

Caina attende chi a vita ci spense”, accennava Francesca, preludendo quale fine spetterà a Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo, assassinato insieme a lei.




L’immagine evocativa dantesca accompagna l’impatto sociale relativo all’uccisione di famigliari, soprattutto, da un certo tempo in poi, profondamente mediatico.

L’attenzione della stampa, prima, e dei media in generale - poi, rende gli omicidi commessi nell’ambito famigliare un fenomeno dalla risonanza amplificata. A fronte, comunque, di casi fortunatamente limitati.

Interessante, appunto, prendere spunto dagli schemi danteschi, soprattutto dal punto di vista terminologico, laddove vengono collocati i fraudolenti verso chi si fida.

Così come un bambino dovrebbe fidarsi della propria mamma, una sorella del proprio fratello, un genitore, del proprio figlio. Una donna, del proprio compagno.

Gli omicidi intra-famigliari o, comunque, all’interno di un rapporto pervaso dalla fiducia, anche solo originaria o naturale,   

Da un lato, la nostra storia è caratterizzata da una vasta letteratura omicidiaria (dal primo omicidio/fraticidio, quello di Caino nei confronti del fratello Abele, alla citata favola dantesca di Paolo e Francesca, dalle tragedie greche a quelle moderne, meno colpevoliste); dall’altro, fortunatamente, sono in diminuzione almeno nell’ambito europeo, gli omicidi di questa indole.

Forse, proprio in vista di tale codificazione numerica, l’impatto emotivo nonché mediatico, è estremamente più inquietante.

Tendenzialmente è possibile affermare che, tra gli omicidi in ambito famigliare, l’uccisione della propria madre - scarsamente diffuso – è riconducibile a patologie mentali. Scarse, altresì, le condotte fraticide.

Preoccupanti e dall’incisivo impatto mediatico, gli episodi di violenza culminate con la morte di una donna: dal VII Rapporto Eures sul femminicidio emerge un aumento dei casi di donne vittime di omicidio, 91 nei primi dieci mesi del 2020.

Le donne vengono uccise prevalentemente in ambito affettivo/familiare, da parte di partner o ex partner. 

La violenza contro le donne rappresenta una violazione dei diritti umani, ed è definita dall’art. 1 della Dichiarazione Onu, sull’eliminazione della violenza contro le donne, come ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”.

Laddove è violenza di genere ogni forma di violenza, psicologica e/o fisica, compresa dunque quella sessuale, gli atti persecutori (stalking), lo stupro, fino all’uccisione di persone (non soltanto donne, appunto) discriminate in base al sesso.

Tuttavia, un ordinamento giuridico che si dimostri attento ad evitare discriminazioni di ogni tipo, deve porre la giusta attenzione a tali fenomeni, non solo nel tentativo di arginarle il più possibile ma prevedendo, altresì, un impatto punitivo altamente specifico.

Molto spesso, infatti, gli episodi che conducono all’uccisione, sono l’epilogo di una serie di comportamenti perpetrati in maniera ripetuta, un insieme di condotte che possono - a volte - preannunciare l’evento finale.

In un certo senso, dunque, alcune condotte possono sicuramente essere prevenute: fondamentale in tal senso, risulta essere la costruzione di un fitto apparato preventivo da radicarsi nel tessuto sociale, oltre ad un (naturale) supporto normativo/giuridico.

Di diversa natura, ma dall’impatto emotivamente sconvolgente, risultano essere gli episodi (fortunatamente scarsi) di omicidio di entrambi i genitori: matricidio e simultaneo patricidio danno luogo al c.d. genitoricidio.

Una forzatura lessicale, prima ancora che giuridica, di cui non esiste traccia nell’apparato legislativo e, per la quale, si applica il naturale cumulo delle pene previste per l’omicidio, in tale caso plurimo ed aggravato.

Ma quali sono quelle circostanze che, unite all’omicidio, ne aggravano il reato stesso?

La risposta sta nell’art. 61 del Codice pensale, laddove sono elencate le seguenti circostanze aggravanti:

1) l'avere agito per motivi abietti o futili;

2) l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;

3) l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento;

4) l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone;

5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

6) l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;

7) l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;

8) l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

9) l'aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;

10) l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;

11) l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità;

11-bis) l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale;

11-ter) l'aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all'interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione;

11-quater) l'avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere;

11-quinquies) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale e contro la libertà personale, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza;

11-sexies) l’avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative;

11-septies) l'avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni.

11-octies) l'avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell'esercizio di tali professioni o attività;

Ora, accanto alle sopraelencate circostanze aggravanti genericamente valide per la maggior parte dei delitti (perciò dette circostanze comuni), occorre poi prendere in considerazione le aggravanti previste dall’art. 577 del codice penale e, cioè, le circostanze aggravanti relative all’omicidio (art. 575 c.p.).

Tra queste figura l’aver commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva. O l’aver commesso il fatto con premeditazione.

A chi corrisponde, generalmente, il profilo medio del figlio che uccide entrambi i genitori?

Generalmente si tratta di individui di sesso maschile, di un’età compresa tra i 30 e i 35 anni, legati emotivamente (o per necessità) all’ambiente domestico nel quale ancora vivono. Molto spesso sono affetti da patologie di natura psicotica, uniti ad episodi depressivi importanti.

Altre volte, l’impulso omicida è dettato da un movente prettamente economico ed è totalmente slegato da qual si voglia senso di colpa.

Caratterizzato da un narcisismo esasperato, quasi “maligno”, che, secondo il DSM-5 (American Psychiatric Association) conduce ad una mania di grandiosità (nella fantasia o nell’atteggiamento), e che sfocia nella più totale assenza di empatia.

Semplificando, ma senza voler arginare o diminuire l’importanza scientifica di tale disturbo, è possibile affermare che il narcisista ha un problema legato alla propria autostima, al punto da dover sempre ricercare gratificazioni o attestati di stima. Dalla scuola (i cui risultati spesso sono ampiamente oltre la media) all’attività fisica, talvolta esasperata. Sono inclini a sminuire l’operato delle persone che li circondano, per mantenere elevata la propria posizione.

Dal punto di vista clinico si osserva sovente la concomitanza con altri disturbi di personalità (istrionico, depressivo, anoressia nervosa e disturbi da abuso di sostanze stupefacenti).

Il disturbo narcisistico può crescere sempre più fino a raggiungere forme di aggressività tali da sconfinare con veri e propri disturbi antisociali di personalità, fino ad abbracciare un forte orientamento paranoide.

Quest’ultimo si caratterizza per una persistente sfiducia nei confronti del prossimo, nei confronti del quale sono estremamente sospettosi. Gli individui affetti da tale disturbo temono offese e ripicche e tendono ad arginare con aggressività verbale e, talvolta, fisica. Sono estremamente sospettosi nei confronti del partner, li reputano infedeli e inclini al tradimento.

Ora, questo è un quadro molto generale e riduttivo, a fronte delle innumerevoli declinazioni legate ai disturbi della personalità che, spesso, posso coesistere tra loro.

Il caso italiano: la scomparsa di Laura e Peter Neumair.

La notizia della scomparsa dei due pensionati di Bolzano ed il successivo ritrovamento dei relativi cadaveri, gettati nel fiume Adige, ha invaso con sdegno e sgomento la cronaca nera di inizio anno.

Ad essere sospettato – ed indagato, da subito, il figlio della coppia, il trentenne Benno. Omicidio e occultamento di cadavere, le accuse rivolte al giovane il quale inizialmente negava ogni accusa, proclamandosi innocente.

Ma sarà col rinvenimento del corpo della madre che crolla ogni meccanismo di difesa (o rimozione) ed il ragazzo confessa di aver strangolato entrambi i genitori, a seguito di un’accesa lite, forse per motivi economici.

Ne seguono ripetuti dibattiti circa le capacità del ragazzo (in primis quella di intendere e di volere) unita ad una caccia alla patologia che, ad oggi, in assenza di perizie (rese pubbliche), risulta di difficile imputazione.

Il ragionamento che si può fare in questi casi, senza rischiare di entrare in un discorso pervaso dal pregiudizio, tipico delle chiacchiere da salotto (o da bar) è quello di delineare la fattispecie e collocarla nell’archetipo criminologico di fattispecie simili.

In primis perché, in capo a Benno Neumair, non v’è ancora nessuna condanna ed in assenza di una verità processuale, non è corretto formulare certezze. Solo ipotesi.

In questo momento è possibile attenersi alle indagini e alla confessione che, tuttavia, non ha valore probatorio. Semmai indiziario, da valutarsi unitamente alle risultanze emerse in sede di indagini.

Decisive saranno, poi, le perizie psichiatriche, disposte dal giudice per le indagini preliminari: ad essi sarà affidato il compito di determinare la capacità di intendere e di volere (e la conseguente capacità processuale) di Benno Neumair, nonché la sua pericolosità sociale.

La vicenda porta alla mente altri episodi della cronaca giudiziaria italiana dai quali la famiglia emerge come grembo del crimine (espressione molto utilizzata per definire i delitti intrafamigliari): in primis, quella di Pietro Maso che all’età di vent’anni, nel 1991, ha assassinato i propri genitori. Viene condannato a 30 anni e due mesi di reclusione, sconta circa 23 anni di carcere. Scarcerato nel 2015, nuovi problemi con la giustizia, uniti ad una forte dipendenza da sostanze stupefacenti, fanno sì che lo stesso venga condotto in un ospedale psichiatrico.

La vicenda di Erika De Nardo la quale, nel 2001 - all’età di 16 anni e con la complicità dell’allora fidanzato (Mauro Favaro, di 17 anni) - ha ucciso a coltellate la mamma ed il fratellino di 11 anni, seguendo un (più o meno articolato) progetto criminale. Condannata a 16 anni di reclusione, uscirà nel 2011. Erika è stata dichiarata in grado di intendere e di volere.

Entrambi i casi vedono i protagonisti affetti da un grave disturbo narcisistico di personalità (stando al tenore delle perizie, riportate dalle sentenze), unito ad una forte pulsione antisociale.

Entrambi hanno posto il proprio ego al centro di un mondo in cui gli altri (i propri famigliari, in questi casi) avrebbero potuto ostacolare i propri ideali.

Del caso Neumair non si hanno ancora tutte queste certezze e, soprattutto, non sono noti i risvolti periziali. Tuttavia arrivano alla cronaca elementi che possono circoscrivere i suoi atteggiamenti, ma ancora insufficienti e troppo deboli per poter delinearne un profilo criminale.


Commenti

  1. Articolo interessantissimo e che mi ha riportato alla memoria due dei casi più sconcertanti degli “ultimi” anni: Pietro Maso e Erika. Raccapriccianti. Analisi magistrale. Bravo!

    RispondiElimina

Posta un commento

Attenzione
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.
L’autore del blog non è responsabile del contenuto dei commenti ai post, nè del contenuto dei siti linkati.
Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog sono tratti da internet e, pertanto, considerati di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email.
Saranno immediatamente rimossi.

Post popolari in questo blog

BREAK THE SILENCE

Tatuaggi, criminologia e "Mostra Tattoo - l'arte sulla pelle" - Torino, 9 novembre 2018 a 3 marzo 2019

INVESTIGATORE PRIVATO E INDAGINI DIFENSIVE: registrazioni e microspie