INVESTIGATORE PRIVATO E INDAGINI DIFENSIVE: registrazioni e microspie
Le
investigazioni difensive, introdotte dalla Legge 7 dicembre 2000 n. 397,
costituiscono uno strumento fondamentale per dare piena attuazione al principio
di parità tra le parti (accusa e difesa) in un contesto giudiziario di carattere
accusatorio.
L’art. 7 della
sopraccitata Legge ha introdotto nel codice di procedura penale l’art. 327 bis, ove è affermato che le indagini
difensive possono svolgersi “fin dal
momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto” (comma 1) e “in ogni stato e grado del procedimento”.
Si perfeziona,
in tale modo, il “diritto di difendersi
provando” i cui assetti strutturali si snodano nella tipizzazione delle
attività investigative, nelle modalità di documentazione dei risultati e,
infine, nei paradigmi di utilizzazione degli stessi[1].
Una facoltà,
questa, estremamente garantista per tutte le parti del processo e, soprattutto,
in piena attuazione dei dettami costituzionali: dai principi garantisti di cui
all’art. 111, ai sensi del quale “il processo
penale è regolato dal contraddittorio nella formazione della prova” alle tutele difensive di cui all’art. 24 della
Costituzione, ai sensi del quale “difesa
è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”.
Da notare come
il difensore, nell’esercizio dei poteri legati alle indagini, ha facoltà di
rivolgersi a professionisti e tecnici che lo aiutino nello svolgimento delle
stesse.
Tra i soggetti
legittimati all’esercizio dell’attività investigativa, l’investigatore privato emerge come una figura delicata e complessa,
in quanto, nel tempo, si sono susseguite varie teorie circa l’utilizzo delle
fonti probatorie da esso prodotte, la loro l’attendibilità e, soprattutto, in
merito alla spendibilità della sua attività investigativa in sede giudiziaria,
ponendo particolare attenzione al materiale da esso registrato.
Occorre infatti
notare come emerga, su tale tema, una fondamentale summa divisio tra registrazioni ed intercettazioni: quest’ultime
rappresentano uno strumento di indagine autorizzato e diretto da un magistrato
di fronte a particolari ipotesi di reato, in quanto costituiscono un limite
forte al diritto alla riservatezza; laddove, le registrazioni di un colloquio
tra diversi soggetti, invece, muovono da un impulso soggettivo ed autonomo e potranno
essere utilizzate come prova, sempre e legittimamente, quando il soggetto che le
effettua ha preso parte al colloquio stesso o, comunque, è legittimato ad
assistervi[2].
LE INDAGINI DIFENSIVE
Con l’emanazione
della l. 7 dicembre 2000, n. 397 vengono inserite nuove regole all’interno del
codice di procedura penale in merito all’espletamento delle indagini difensive e all’utilizzabilità
degli esiti delle stesse in sede processuale.
Il libro VI del
codice viene arricchito, infatti, del libro VI bis che denota significativamente le differenze tra le indagini
svolte dagli organi pubblici, rispetto a quelle condotte dal difensore o dai
soggetti da esso delegati.
L’art. 327 bis, in particolare, attribuisce in capo
al difensore la facoltà di effettuare investigazioni per ricercare materiale
probatorio a favore del proprio assistito, fin dal conferimento dell’incarico
professionale, il quale dovrà risultare da atto scritto[3].
La norma
specifica, altresì, che la condicio sine
qua non affinché l’attività di ricerca probatoria possa dirsi “processualmente
protetta”, risieda nella formale assunzione dello status di difensore nelle forme di cui all’art. 96 comma 2 c.p.p.[4]
Tuttavia alcuni
autori hanno sottolineato come l’attività investigativa de qua possa essere tutt’altro che immune da rischi poliedrici[5]. Ebbene,
a ciò si replica affermando comunque che tale diritto, se correttamente
esercitato dal difensore “non è per nulla
suscettibile di incidere irrimediabilmente sulla genuinità delle (eventuali)
acquisizioni investigative degli organi inquirenti e, pertanto, non determina
nessun turbamento alla funzione pubblica di accertamento dei fatti”[6].
Inoltre, in
diverse occasioni processuali, si è svolta la disputa circa l’effettiva
possibilità per il difensore di avvalersi di collaboratori esterni, di
professionisti abilitati alla ricerca e alla formazione delle prove. La querelle in questione è stata risolta
sempre positivamente: infatti, pur non indicando esplicitamente l’attività di
collaboratori esterni al difensore (quali ad esempio, l’investigatore privato) tra i soggetti legittimati dall’art. 391 nonies, a tale carenza non può
attribuirsi il significato di un codificato divieto dell’avvocato di avvalersi
di simili collaboratori giacché è naturale che la norma, in quanto attributiva
di un potere investigativo (quello preventivo),
si riferisca solamente al dominus delle investigazioni.
L’art. 391 bis
illustra, inoltre, tre modalità di selezione delle fonti dichiarative:
- il colloquio non documentato,
- la ricezione di una dichiarazione scritta, nonché
- l’assunzione di informazioni.
Il difensore, i
sostituti, gli investigatori privati autorizzati, e i consulenti tecnici hanno
la possibilità di interloquire, tramite un colloquio informale, con tutte le persone
in grado di esporre circostanze utili all’attività di indagine[7].
L’art. 391 bis
comma 2 prevede, tuttavia, che solo il difensore, e non anche l’investigatore o il consulente tecnico, possa
chiedere alle persone informate una dichiarazione scritta ovvero di rendere
informazioni essendo entrambe concepite come tipiche attività formali.
La locuzione “dichiarazione
scritta” da adito a qualche dubbio interpretativo. Infatti, non è dato capire
se essa debba essere redatta dal dichiarante o possa da lui essere unicamente
sottoscritta. La dottrina è incline verso quest’ultima soluzione, ponendo in
capo al dichiarante il dovere di produrla personalmente al difensore, il quale
ha altresì l’importante compito di autentica delle firme in calce alla
dichiarazione.
Obiettivo fondamentale
della riforma in materia probatoria, dunque, è stato quello di offrire alla
difesa una serie di strumenti processuali che permettano di esercitare funzioni
investigative in termini di parità con l’accusa, rispettando in tal modo il principio
affermato nell’art. 111 della Costituzione[8]. In
tale ottica, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati
o i consulenti tecnici, possono interagire con soggetti in grado di riferire
circostanze utili rispetto ai fatti oggetto delle indagini.
L’idea del
legislatore, dunque, si insinua in un contesto estremamente garantista, e
costituzionalmente tutelato, in cui ad ogni soggetto è attribuito un ruolo
determinato, volto al corretto
funzionamento dell’attività processuale ed, in specie, della fase investigativa:
un’attività bilaterale volta ad attribuire celerità e certezza giuridica, in un
contesto in cui, ogni rallentamento alla giustizia, pregiudicherebbe i diritti
di coloro i quali, della giustizia, si servono per ottenere opportune tutele.
L’INVESTIGATORE PRIVATO E L’ACQUISIZIONE DI
ELEMENTI DI PROVA A SUPPORTO DELLE INDAGINI DIFENSIVE
L’intervento
dell’investigatore privato all’interno
del sistema giudiziario è subordinato all’attribuzione di un incarico scritto
da parte del difensore, il quale dovrà indicare in maniera specifica il
procedimento penale nonché i principali elementi di fatto che giustificano le
indagini e il termine entro il quale è genericamente prevista la conclusione.
Contestualmente
al conferimento dell’incarico, all’investigatore viene proibito di
intraprendere di iniziativa propria altre ricerche: egli ha l’obbligo di
eseguire personalmente la propria attività e deve, inoltre, riferire periodicamente
al difensore circa l’andamento delle indagini.
L’attività
professionale dell’investigatore privato, nella sua più ampia accezione, è
improntata alla scrupolosa osservanza delle regole fondamentali di integrità
morale, responsabilità professionale e riservatezza oltre il normale rispetto
di tutte le leggi vigenti[9].
In
particolare il D.M. 56/2015, revisionando il D.M. 269/2010 ha introdotto
sostanziali novità sulle attività che presiedono le possibili operatività degli
investigatori privati.
Se da
un lato sono precluse attività di intercettazione telefonica e/o ambientale, acquisita
tramite supporti tecnologici invasivi e, pertanto, non legali, dall’altro
l’investigatore privato potrà svolgere legittimamente attività di pedinamento,
pedinamento tramite meccanismi GPS e satellitari[10] oltre
a sopralluoghi, riprese video fotografiche e registrazioni utilizzando
microspie o altri strumenti di registrazione.
Proprio
quest’ultimo aspetto (microspie e registrazioni audio e, per analogia, riprese
video o fotografiche) hanno attirato particolare attenzione da parte di
dottrina e giurisprudenza, soprattutto per quanto concerne la spendibilità
delle stesse in ambito processuale e, soprattutto in merito al loro valore
probatorio.
A
risolvere un annoso alterco è intervenuta una sentenza della Corte di
Cassazione – sez. penale[11], con
la quale si è affermato che la liceità della registrazione di una conversazione
deriva dal fatto che chi conversa accetta il rischio che quanto egli dice sia
documentato mediante registrazione.
Tuttavia,
differente è l’ipotesi in cui la conversazione viene diffusa per scopi
differenti rispetto alla tutela di un diritto proprio o altrui: la normativa a
tutela della privacy[12],
infatti, all'articolo 13 consente espressamente l'utilizzo delle registrazioni
solo quando esse sono volte a far valere o a difendere un diritto in sede
giudiziaria, ponendo poi come limitazione la circostanza che l'utilizzo di tali
dati sia limitato al perseguimento delle predette finalità e al tempo ad esso
strettamente necessario.
Da
notare come la linea di demarcazione rappresentata dalla presenza o meno ad una
conversazione, in ogni caso, deve essere netta: se, infatti, le registrazioni vengono
effettuate da un individuo esterno al dialogo potrebbe allora ipotizzarsi una
condotta idonea a integrare un'interferenza
illecita nell'altrui vita privata[13].
Secondo
la Cassazione, infatti, la ricerca dei mezzi di prova non richiede
l'accertamento dell'integrazione di un reato bensì semplicemente la possibilità che il reato si integri anche solo astrattamente.
Per
quanto concerne, dunque, la registrazione di conversazioni da parte di soggetti
presenti, anche tramite microspie, è
bene ricordare come la giurisprudenza si è espressa in ragione della liceità
dell'attività di registrazione delle conversazioni purché effettuata da parte
di uno dei partecipanti alla conversazione, nonché circa l'ammissibilità della registrazione come mezzo di prova, purché non
vi siano espliciti divieti dovuti a particolari circostanze (ad esempio
relativi all'oggetto della conversazione o alla natura dei soggetti che vi
partecipano[14]).
In
conclusione, appare indubbio che la registrazione di conversazioni debba essere
disaminata dalla giurisprudenza non solo tenendo conto dei risvolti penali
(delitto di illegittimo trattamento dei dati personali o intercettazione di
comunicazioni) ma anche dei profili amministrativi considerata l'ampia tutela
ai dati personali, tra cui ovviamente rientra la voce, fornita dal Testo unico
per la protezione dei dati personali[15].
[1] DI
CHIARA, Le linee prospettiche del “difendersi ricercando”: luci e ombre delle
nuove investigazioni difensive (l.
7.12.2000 n. 397), in Legislazione penale, 2002, 6.
[2] La
ragione di tale legittimazione risiede proprio nell’assunto che colui che
prende parte alla conversazione è, naturalmente, già a conoscenza delle
informazioni contenute nella conversazione stessa e, pertanto, potrà
liberamente disporne.
[3]
G. PAOLOZZI , Legge 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni in materia di indagini
difensive, in Codice di procedura penale
ipertestuale, a cura di Gaito, Torino, 2001.
[4] Ai
sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.p., infatti, “la nomina è fatta con dichiarazione resa all'autorità procedente ovvero
consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata”.
[5] V. GUALTIERI,
Le investigazioni del difensore, Enc. giur., XVI, Roma, 2004, p. 107. L’autore sottolinea che tale potere è
senza dubbio necessario quanto meno per bilanciare il ben più consistente
potere che l’art. 330 attribuisce al pubblico ministero di prendere cognizione motu proprio delle notizie di reato che altro non è che «una
attività pre-procedimentale di ricerca e acquisizione di elementi sufficienti a
dare sostanza ad iniziali meri sospetti e a tradurli in una legittima notitia criminis.
[6] V. GUALTIERI, Le investigazioni del difensore, cit.,
p. 107.
[7] Ciò
significa che il difensore e i suoi ausiliari possono conferire con persona in
grado di riferire non solo fatti a favore del proprio assistito, ma anche
qualsiasi conoscenza, ritenuta utile in vista dell’elaborazione della strategia
difensiva. Infatti, in quest’ottica il legislatore ha previsto il colloquio
come atto destinato soltanto ad orientare l’inchiesta difensiva: atto
propedeutico ad una prosecuzione della linea investigativa, volto, cioè, a
saggiare il grado del sapere della persona interpellata e l’utilità delle
notizie in suo possesso. In tal senso,
V. FURGIUELE, Colloqui ed
assunzione di dichiarazioni scritte e di informazioni nell’ambito dell’attività
investigativa del difensore, in Il
nuovo ruolo del difensore nel processo penale, a cura di FERRAIOLI,
Milano,2002, p. 156.
[8] ai sensi del quale “il processo penale è regolato dal
contraddittorio nella formazione della prova” .
[9]Preambolo
del Codice Deontologico dell’Investigatore Privato, all’art. 1 del quale è
affermato che “l’investigatore privato,
nell’esercizio dell’attività professionale, deve osservare scrupolosamente le
normali regole di correttezza, dignità, sensibilità e alta professionalità,
anche fuori dall’ambito lavorativo deve mantenere irreprensibile condotta,
posto che nell’esplicare il delicato compito affidatogli dal cliente,
l’investigatore non compie solo atti di interesse privato ma anche una precipua
funzione sociale di pubblica utilità, affiancandosi, nei casi previsti dalla
Legge, alle Forze dell’Ordine”.
[10] Una più
recente giurisprudenza ha affermato che la localizzazione mediante il sistema
di rilevamento satellitare degli spostamenti di una persona, costituisce
attività di pedinamento e non è, quindi, assimilabile all'attività
d'intercettazione di comunicazioni o conversazioni (pertanto non soggetta alle
disposizioni degli art. 266 e segg. del codice di procedura penale).
[11] Sentenza numero
18908/2011 della Suprema Corte di Cassazione, sezione penale.
[12] Decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196.
[13] Sanzionabile
ai sensi dell'articolo 615-bis del codice penale, oltre alle ipotesi di illegittimo
trattamento dei dati personali, che si integra nel caso in cui sussista
nocumento e venga violata una delle disposizioni espressamente indicate
dall'art. 167 del Codice privacy.
[14] Cass. pen., sez. un., 24
settembre 2003, n. 36747.
[15] Sul tema, EULALIA OLIMPIA
POLICELLA, in diritto 24, ed. 11 luglio 2011
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
- DI CHIARA, Le linee prospettiche del “difendersi ricercando”: luci e ombre delle nuove investigazioni difensive (l. 7.12.2000 n. 397), in Legislazione penale, 2002
- CONSO-GREVI-NEPPI - Parere Commissione Parlamentare al progetto preliminare delle disposizioni di attuazione, in Il nuovo codice di procedura penale, dalle leggi delega ai decreti delegati, a cura di Conso-Grevi-Neppi, Modana, VI, Padova, 1995.
- V. FANCHIOTTI, Il “difendersi provando” nella prospettiva statunitense, in Dir. pen. proc.
- G. FRIGO, Le nuove indagini difensive dal punto di vista del difensore, in Le indagini difensive. Legge 7 dicembre 2000, n. 397, Milano, 2001
- V. FURGIUELE, Colloqui ed assunzione di dichiarazioni scritte e di informazioni nell’ambito dell’attività investigativa del difensore, in Il nuovo ruolo del difensore nel processo penale, a cura di FERRAIOLI, Milano,2002
- GUALTIERI, Le investigazioni del difensore, Enc. giur., XVI, Roma, 2004
- G. PAOLOZZI , Legge 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni in materia di indagini difensive, in Codice di procedura penale ipertestuale, a cura di Gaito, Torino, 2001
- www.criminologiaitaliana.it
- www.onap-profiling.org
- www.penalecontemporaneo.it
- www.penale.it
- WWW.diritto24.it, articolo di EULALIA OLIMPIA POLICELLA, ed. 11 luglio 2011
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